62_MISERY NON DEVE MORIRE (Misery) Stati Uniti, 1990; Regia di Rob Reiner.

Il film
Misery
non deve morire del regista Rob Reiner è tratto dal romanzo
Misery del celebre scrittore Stephen
King; e si tratta di un dettaglio cruciale. King, prolifico scrittore famosissimo per i suoi horror, ha uno stile molto visivo; praticamente i suoi
libri sono già delle sceneggiature. Ed è anche molto attento alle riduzioni dei
sui scritti sul grande schermo: celebre la sua insoddisfazione per la versione
cinematografica di
Shining, opera
nientemeno che di Stanley Kubrick. Con Rob Reiner però deve essersi sentito
tranquillo, visto che questi aveva già portato sullo schermo un episodio di
Stand by me-Ricordo di un estate, sempre
da un testo dello stesso King, che ne aveva appunto gradito il trattamento. E
in effetti Reiner si dimostra molto rispettoso del soggetto, occupandosi di una
traduzione cinematografica molto classica, ma anche molto efficace. Il tema
dominante è prettamente letterario: la gabbia costituita dalle aspettative del
pubblico nei confronti dello scrittore affermato, finisce spesso per
imprigionare l’autore stesso. Le pretese dei lettori sono ben impersonate da
Kathy Bates, spietata aguzzina, mentre il malcapitato scrittore è altrettanto
ben interpretato da James Caan. Naturalmente un simile argomento ha valenza per
qualunque manifestazione artistica che sia sottoposta al giudizio di un
pubblico: ma solo la produzione seriale può generare un simile meccanismo.

Al cinema, ad esempio, può capitare meno spesso (si
pensi all’abbandono di Connery dalla serie di 007), mentre è più facile
comprendere una simile oppressione generata dai fruitori in ambiti come quelli
della narrativa seriale, dei fumetti o della musica. Questo relativo distacco
del Cinema da un testo originariamente così metalinguistico, ha forse aiutato
Reiner nel mantenersi più neutrale, conservando lo spirito del libro anche
nella trasposizione. La bellezza di
Misery
non deve morire è così il frutto delle competenze tecniche cinematografiche
messe al servizio, senza remore, del soggetto. Il formidabile stile di King,
per essere tradotto a dovere, almeno sembrerebbe guardando il film di Reiner,
ha bisogno di uno stile classico, di effetti classici, di un uso tradizionale
della musica; quasi che lo scrittore abbia formato la sua immaginazione con un certo
tipo di cinema (oltre che di narrativa), e che serva lo stesso stile per
decodificare il messaggio.
Raramente, nel cinema recente, si provano tanti
brividi come in
Misery non deve morire,
e, sorprendentemente, queste emozioni sono frutto di situazioni classiche, di
topoi del cinema dell’orrore; niente di
nuovo, insomma, nessun effetto che non sia prevedibile. Il punto è che le scene
sono girate e montate con grande precisione tecnica; sono talmente oliate che
potremmo definirli meccanismi, ingranaggi: e come tali, non sbagliano un colpo,
la pelle d’oca è assicurata. Certo, ci sono i passaggi che vertono su una
sorpresa, sul colpo di scena; non sempre del tutto inaspettati, ma fa parte del gioco, non ci sarebbe infatti gusto a
prevederli per smontarne l’affetto.

Come invece in altri casi è la suspense a garantire
tensione; insomma, in
Misery non deve
morire, c’è tutto quello che serve per fare una storia horror, e calibrato
in modo magistrale. Si potrebbe obiettare che i meriti di Reiner vengano così
sviliti, a favore dell’autore del romanzo, visto che il soggetto è praticamente
già una sceneggiatura. Beh, intanto ricordiamoci
Brivido, unica opera cinematografica di Stephen King, simpatica e
tamarra, ma non certo un capolavoro di arte filmica. Certamente i meriti di
Stephen King riguardo a
Misery non deve
morire non si discutono; la bravura di Rob Reiner è di avere le competenze
cinematografiche per mettere in scena l’opera nel modo migliore, nell’ottica di
restare fedele al romanzo. Alla riuscita del film hanno contribuito, e non
poco, i due attori,
la Bates
e Caan, davvero strepitosi.
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