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venerdì 8 dicembre 2017

FASTER, PUSSYCAT! KILL! KILL!

55_FASTER, PUSSYCAT! KILL!KILL! Stati Uniti, 1965;  Regia di Russ Meyer.

Pur non potendo certo ambire allo status di pietra angolare dell’arte cinematografica, Motorpsycho! era stato fondamentale nel sancire la cifra poetica di Russ Meyer. Nel successivo film l’autore affina ulteriormente il suo stile e, a conferma di ciò, Faster, Pussycat! Kill! Kill! è ritenuto l’apice della sua carriera. Certo, si tratta di un’opera che, se può avvalersi senza tema di smentita del titolo di cult movie, desta sempre qualche perplessità nello spettatore convenzionale. Pertanto, parlare di capolavoro può essere poco opportuno anche se, per la nicchia, nemmeno tanto piccola, di suoi estimatori, Faster, Pussycat! Kill! Kill! è certamente un caposaldo imprescindibile di un certo modo, spregiudicato e divertito, di fare cinema. Il film chiude un ciclo di opere in bianco e nero ambientate genericamente nel sud degli Stati uniti che, a volte, è indicato come gotico, sebbene non sia una definizione troppo calzante. I quattro film in questione sono Lorna, Mudhoney, Motorpsycho! e appunto Faster, Pussycat! Kill! Kill!. Come detto, nel terzo capitolo di questa ipotetica tetralogia Meyer aveva fatto ‘quadrare il cerchio’, trovando molti spunti interessanti e sviluppandoli, nella sua idea leggera e divertita di cinema, a dovere. Dando corda alla sua vena più commerciale, che alimentava comunque tutto il suo cinema, Meyer, trovato il tema giusto, decide di insistere: Faster, Pussycat! Kill! Kill! ha un’impostazione che ricalca, ora in modo simile ora con opportune variazioni, il film precedente.


Al centro della scena ancora tre personaggi, ma stavolta non di sesso maschile. Varla (la procace e sensuale Tura Satana), Rosie (Haji) e Billie (Lori Williams) sono go-go dancers al volante di veloci spiders con le quali irrompono nel deserto americano portando scompiglio, ma soprattutto sesso e morte, tra gli sparuti abitanti della zona. Come si vede le automobili hanno sostituito i motocicli dei motorpsycho, una scelta utile a differenziare la storia e anche a renderla un po’ più attraente sotto il profilo motoristico. L’idea di tre sensuali ragazze protagoniste permette al lungometraggio di essere sempre piccante e, se la cosa può sembrare maschilista, va riconosciuto che il punto di vista delle tre protagoniste, quando vedono gli uomini della storia, mette i maschi nella condizione di prede, da un punto di vista sessuale, ribaltando quindi il concetto abituale. Ma non è che l’intento di Meyer sia fare del femminismo, sia chiaro; l’importanza dell’autore è proprio nel suo essere del tutto estraneo a quella (come ad altre) contesa, valutando il sesso o la violenza, per quello che sono senza i posticci e spessissimo pretestuosi rimandi sociali. Se c’è una traccia lesbo, nel terzetto di protagoniste, con Haji che brama per Varla, mentre Billie appare meno coinvolta, è solo perché Meyer ritiene stuzzicante la cosa, per sé e potenzialmente per il suo pubblico. E’ un ulteriore elemento che differenzia e approfondisce Faster, Pussycat! Kill! Kill! rispetto a Motorpsycho! dove i rapporti tra i tre protagonisti erano solo abbozzati. La cosa è meno gratuita di quanto si possa pensare a prima vista. Ci si deve infatti chiedere, a questo punto: ma perché troviamo interessante che ci sia qualcosa nel rapporto tra le due donne? E’ forse perché è credibile e, quindi, i rapporti, manifesti o latenti, omosessuali siano più diffusi ed importanti di quanto non sia comune ritenere?

  

 La sfrontatezza di Meyer, che inserisce senza alcun pudore o reticenza quegli elementi che ritiene stuzzicanti, ci costringe a fare i conti con le nostre convinzioni ed è proprio la qualità migliore del cinema dell’autore californiano. Anche la componente sadomasochistica, qui ribaltata rispetto ai film predenti, è usata da Meyer alla stessa stregua: non è tanto importante chi domini chi, ma è innegabile che questo modo di relazionarsi ci sia in qualche modo troppo famigliare. La figura dominante in questo caso è Varla, capace di accoppare a colpi di karate un paio di uomini nel corso del lungometraggio e di metterne fuori combattimento un altro, il forzuto noto come il Vegetale, schiacciandolo con l’automobile.

L’intento dell’autore è chiaramente quello di cambiare le carte in tavola rispetto ai suoi film precedenti, dove erano sempre gli uomini ad esercitare la violenza sulle donne; ma facendolo ci mostra come il fascino della violenza sia certamente connesso al sesso ma non abbia obblighi rispetto ai generi maschili o femminili. La fascinazione funziona cioè in qualunque direzione, e perfino in ambito omosessuale, come si può dedurre osservando come Varla sembri compiaciuta nel far soffrire Haji. Un approccio a temi delicati molto laico, da parte di Meyer, che pare interessato, per la verità, ad avere riscontro al botteghino ma, nel farlo, riesce ad offrirci un quadro assai lucido della situazione. In questo senso, nella spoliazione delle sovrastrutture sociali che determinano le scelte dei personaggi, Meyer non si limita alla sfera sessuale ma completa un valido discorso intrapreso in Motorpsycho! sul piano sociale. 

Dei tre balordi in sella ai motocicli, uno soltanto ha delle concrete motivazioni sociologiche, essendo un ex combattente del Vietnam. Il tema è interessante, oltretutto il tizio in questione è di gran lunga il peggiore dei tre; del resto nei decenni a venire su questa scia si produrranno decine di film, tra cui molti veri capolavori. In realtà, nella sua prosaica lungimiranza, Meyer intuisce che il Vietnam, ovvero la guerra, sia un tema meno importante, meno cruciale, nella società moderna. E, oltre mezzo secolo dopo, possiamo costatare quanto avesse ragione. Gli altri due psicopatici motorizzati non hanno alcuna motivazione rilevante per il loro disagio: uno è un tipo vanesio, l’altro un immaturo. Ma, tutto sommato, possiamo dire che ci sia ancora un certo labile tentativo di dare una risposta sociale, per la loro sciagurata condotta; in Faster, Pussycat! Kill! Kill! questa traccia è lasciata completamente da parte. Le ragazze, bellissime, in buona salute e alla guida di costose automobili, hanno una condotta criminale senza alcuna motivazione che la giustifichi. La rivoluzione sessantottina incombeva, ma Russ Meyer già ci diceva che, se anche gli aspetti sociali avevano la loro influenza, come alibi non avrebbero retto a lungo.




Lori Williams




Haji



Tura Satana









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