775_POLIZIOTTO SENZA PAURA . Italia; 1978. Regia di Stelvio Massi.
Mezzo passo falso di Stelvio Massi alla regia e di Maurizio Merli nel ruolo di protagonista, Poliziotto senza paura è un poliziottesco che palesa troppe superficialità per sperare di strappare la sufficienza. Probabilmente all’origine c’è l’idea di farne una mezza farsa ma Merli fatica a reggere il registro ironico e si cerca una scappatoia con la parlata in romanesco che non paga (proprio come il Walter Spada, il protagonista, al night club). Gastone Moschin è chiamato a dare man forte in tal senso ma se Merli, via via che la storia prosegue, smette presto i panni del giullare e si fa un filo più serio, l’attore veronese continua imperterrito a recitare in modo forzatamente goliardico, risultando per il film una scheggia partita per la tangente. Si diceva delle leggerezze: la cosa più lampante è quella linguistica. Abbiamo un personaggio che fatica a parlare italiano e si reca in trasferta a Vienna e non ha praticamente mai problemi a dialogare con chicchessia. D’accordo, potrebbe conoscere l’idioma locale (e non il proprio?) ma per un minimo di veridicità, in genere, la cosa è data da intendere allo spettatore con qualche escamotage (i sottotitoli, un accenno nei dialoghi, cose così). Siamo nel 1978 ma l’approccio di Poliziotto senza paura è, da questo punto di vista, degno di un fumetto degli anni sessanta. In ogni caso è curiosa la scelta di spostare all’estero il teatro delle operazioni di un poliziottesco, un genere che sembrava strettamente legato al territorio nazionale (basti guardare la sfilza di nomi di città del belpaese che compaiono nei titoli del poliziesco all’italiana).
E ancora più curiosa l’idea di internazionalizzare il genere con un film che esalta, non solo nella parlata, il provincialismo tipicamente italiano (in Italia pure la capitale è provinciale). Difficile che si tratti di dettagli casuali visto per rafforzare la matrice internazionale della pellicola viene convocata anche una star del calibro di Joan Collins. L’attrice inglese recita la parte della cattiva (Brigitte) il che non è certo una novità; anzi, piuttosto fa specie la scena dello spogliarello forzato della Collins, con Brigitte che è obbligata ad uno show umiliante da Spada. Certo, la donna è perfida e si è macchiata di crimini atroci (organizzare la prostituzione minorile e omicidi di giovani ragazze) ma che attinenza ci può essere con l’essere costretta a spogliarsi? Tra l’altro, un numero di strip-tease piuttosto osé introduce la Collins nella pellicola, essendo l’attrice inglese piuttosto disinibita sull’argomento; perché dunque un ulteriore spogliarello ma stavolta a comando?
Pensando all’interprete londinese impegnata in un film italiano, viene in mente il volgare passaggio in L’amore breve – Lo stato d’assedio, film del 1969 di Romano Scavolini: e viene anche il sospetto che un certo tipo di maschio italiano (tipo Scavolini e Massi, nello specifico) trovino necessario rimettere la donna al suo posto, costringendola a spogliarsi solo quando è l’uomo di turno a ritenerlo necessario. Un pensiero che, se gli diamo ascolto, fa precipitare le quotazioni del buon Stelvio Massi, in genere valido artigiano del poliziottesco ma che potrebbe invece essere un ottuso bigotto che si è nascosto finora dietro le pistole dei suoi sbirri tutti d’un pezzo. Insomma, non è che sia un brutto film, ma sia Massi che Merli e perfino Moschin avevano una reputazione migliore prima di averlo fatto. Solo Joan Collins ne esce indenne, con una serie di passaggi visivamente memorabili. Come quello in pelliccia bianca nella gioielleria; si, si certo, ci sono anche i citati spogliarelli, a seno nudo nel night e quello in cui rimane in mutandine e reggiseno, che non sono da meno, almeno dal punto di vista dell’impatto scenico. Joan Collins è Joan Collins anche in mezzi filmetti come Poliziotto senza paura.
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