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mercoledì 3 marzo 2021

DRIVE HARD, DRIVE FAST

769_DRIVE HARD, DRIVE FAST . Stati Uniti1973. Regia di Douglas Heyes.

I titoli di testa di Drive Hard, Drive Fast, opera di Douglas Heyes, sembrano confermare che la scarsa fama di questo misconosciuto prodotto televisivo sia meritata. Neanche il tempo di fare questa riflessione che il film vero e proprio comincia con le immagini di una corsa automobilistica di monoposto, volendo anche di buon impatto ma ben poco significative: non sappiamo nulla né dei piloti né delle auto e, di conseguenza, la gara in sé ci dice assai poco. Viene da pensare che potevano essere queste, semmai, le scene adeguate per i credits iniziali, almeno avremmo avuto qualcosa da leggere. Heyes è un autore legato al mondo televisivo (del resto Drive Hard, Drive Fast è un TV movie) e, in genere, per il piccolo schermo è usuale che la regia non sia troppo personale; tuttavia in questo caso siamo di fronte ad una eccezione. Che, sul momento, fa purtroppo perfino rimpiangere le regie piatte e discrete dei telefilm: Heyes assembla fotogrammi impazziti di bolidi in corsa e panoramiche rapidissime in un montaggio schizofrenico che vorrebbe dare l’idea della velocità ma crea solo un effetto fastidioso. Il culmine di questo pessimo inizio dello spettacolo arriva però lontano dalle piste di gara e conferma come il regista abbia mire autoriali: Mark Driscoll, il pilota protagonista (Brian Kelly) ha da poco conosciuto Carole Bradley (Joan Collins) ad un party. I due sono abbracciati e la ripresa li avvolge con una serie di spirali, un virtuosismo particolarmente audace ma che sembra fine a sé stesso, visto che i due non verranno affatto presi dal vortice della passione. Nonostante la storia d’amore non sia ancora decollata, Carole riesce a convincere Brian a riaccompagnarla in auto da Città del Messico fino a New Orleans (mica dietro l’angolo). 

Visto gli argomenti della Collins si può ben comprendere come l’uomo accetti, anche se l’insinuazione è smentita dalla trama. La donna mette infatti bene in chiaro di essere sposata e di amare il marito; il pilota si dimostra un gentiluomo e non insiste. E’ chiaro però che qualcosa deve accadere, visto che Mark dovrà guidare un bolide come la Bizzarrini 5300 Strada del marito di Carole, un uomo evidentemente ricchissimo; e, per farlo, dovrà spacciarsi per lo stesso Mr. Bradley. Carrozzerie a parte, il film continua a stentare: Mark e Carole, durante il loro viaggio, vengono immortalati in una sequela di scene vagamente e banalmente romantiche, sebbene fuorvianti visto che la scintilla non scatta mai. Intanto Heyes non smette di sbizzarrirsi in regia e ci propone anche una serie di scene picture in picture, giustificate dall’uso di una cinepresa da parte di Carole che, se rincara il romanticismo all’acqua di rose (i filmini degli innamorati), lascia abbastanza perplessi dal punto di vista visivo. In tutto questa serie di elementi poco incoraggianti c’è però una nota che incuriosisce: cosa ci fa Henry Silva che pedina e origlia i nostri due, a bordo di una Apollo 3500 GT? Silva non è ancora diventato l’habitué del nostro cinema d’azione, sempre in ruoli poco rassicuranti, ma già il suo truce aspetto increspa l’apparente serenità del viaggio di Carole e Mark. C’è, in effetti, una traccia gialla che presto viene allo scoperto e diventa via via più coinvolgente. 

Tra un inseguimento ed una violenta aggressione notturna, mentre Carole dorme con una pistola sotto il cuscino e Mark non si raccapezza più, ci si scopre d’improvviso in un film avvincente. Forse anche perché la regia si è fatta più sobria e funzionale. Ecco che ricompare sulla scena Ellen (Karen Ericson) figliastra di Carole ed interessata a Mark; ma il punto cruciale del giallo sembra essere la scomparsa di suo padre, Eric Bradley (Joseph Campanella). Il sospetto è che l’uomo, uno studioso di culture precolombiane, sia stato ucciso, forse addirittura dalla moglie Carole; la quale avrebbe poi coinvolto Mark, convincendolo a farsi un lungo viaggio spacciandosi per il marito. Se La Costa (il killer impersonato da Henry Silva) fosse riuscito a farlo fuori, magari inscenando una rapina, la questione poteva dirsi chiusa e Carole uscirne pulita. 

Ma nell’intrigo ci sono anche altre persone poco raccomandabili e la cosa sembra anche più complicata di così. Forse Mr. Bradley non era quello che sembrava, forse era addirittura una spia russa: e allora viene da credere a Carole, quando dice di aver semplicemente seguito le istruzioni avute dal marito. Come dire che la trappola per Mark (perfetto per fornire il cadavere adeguato) non era farina del suo sacco ma del consorte. Ma chi era, insomma, Mr. Bradley? Un ricercatore precolombiano? O una spia? Nessuna delle due donne, né la figlia Ellen, né la moglie Carole, sanno rispondere; Mark avanza qualche sospetto ma in fondo è contento di aver scampato una brutta fine lontano dalle sue amate corse. La domanda rimane senza risposta e, anche se l’ipotesi spionistica appare più allettante, è difficile risolvere il dubbio. Quello che sappiamo è che, a dispetto dei rischi corsi, Drive Hard, Drive Fast, proprio come il suo protagonista, alla fine se l’è cavata.   




Joan Collins






Karen Ericson AKA Karen Huston

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