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sabato 13 marzo 2021

IL GIOCO DEGLI AVVOLTOI

779_IL GIOCO DEGLI AVVOLTOI (Game for vultures). Regno Unito1979. Regia di James Fargo.

Considerato sovente il primo film sulla Guerra Civile in Rhodesia, Il gioco degli avvoltoi fu girato in effetti in Sudafrica perché il conflitto non era ancora terminato. Forse proprio la stretta attualità dell’argomento trattato, spinse sia il produttore Hazel Adair che il regista James Fargo a prendere le distanze da una qualsiasi interpretazione politica del testo. Una dichiarazione niente affatto di facciata: il film è composto sostanzialmente da due tracce che seguono i protagonisti, il bianco Richard Harris (è Swansey, un trafficante) e il nero Richard Roundtree (Gideon, un indipendentista) che inevitabilmente finiranno per intrecciarsi. A rincarare la dose di neutralità nella prospettiva del racconto, la mano in regia di Fargo tratta le due piste narrative allo stesso modo, facendoci parteggiare emotivamente anche per Swansey e il suo traffico di elicotteri da guerra, con il quale cerca di aggirare il bando mondiale al quale è sottoposta la Rhodesia. Swansey, inizialmente tratteggiato come un trafficante senza scrupoli, si scopre man mano che le difficoltà aumentano sempre più legato alla sua causa, tanto che nel finale imbraccia anche il fucile. Al contrario Gideon, inizialmente dipinto come un ribelle da prima linea, si rende conto che non tutto è risolvibile mediante l’uso delle armi, come invece sono convinti i suoi compagni di lotta. Una lettura speculare del racconto è quindi garantita anche dal percorso rovesciato dei due personaggi. Da un punto di vista narrativo, Il gioco degli avvoltoi è ben raccontato e avvincente; è inoltre interessante il contesto, in genere non troppo pubblicizzato. La scelta di un’ottica piuttosto cruda, che non fa sconti né da una parte né dall’altra, costituisce un indubbio pregio di un’opera che certo non si rifugia nel politicamente corretto come troppo spesso capita di vedere in analoghe circostanze. 

Tuttavia forse l’eccessiva premura di dichiararsi neutrali da parte degli autori finisce per essere un’arma a doppio taglio. Certo, Il gioco degli avvoltoi è un robusto e onesto film di guerra ma, alla fin fine, manca la passione, il sentimento, la partecipazione emotiva visto che la regia si professa equidistante di fronte ad un conflitto che pone in campo invasori coloniali e popolo locale sottomesso. In ogni caso, se un minimo di pathos è comunque indispensabile, per poter emotivamente sentire il conflitto, è obiettivamente difficile accettare la neutralità in una storia come quella della Rhodesia. Il rischio più grosso è che Il gioco degli avvoltoi possa essere addirittura considerato sorta di propaganda colonialista che, accampando la scusa che la guerra è sbagliata e non ha mai vincitori, cerchi di mettere sullo stesso piano le due parti in lotta. Francamente una tesi inaccettabile. Nel cast anche Joan Collins che non presta la minima attenzione in cosa sia coinvolto il suo uomo, Swansey, ma si occupa unicamente di mettere un po’ di pepe nella pellicola. E il suo lavoro, pur se svolto un po’ di routine, non lascia spazio ad obiezioni. 







Joan Collins



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