784_LA PATTUGLIA DEI SENZA PAURA (G-Men). Stati Uniti; 1935. Regia di William Keighley.
Sebbene alla fine La Pattuglia dei
Senza Paura possa essere ritenuto una sorta di film di propaganda,
il regista William Keighley e la star principale James Cagney riescono a
renderlo un prodotto di sicuro interesse e divertimento al di là del contesto
temporale. Chissà, dopo tanti anni, forse oggi non ci si fa nemmeno caso ma il
film fu il risultato di una serie di condizionamenti che, riflettendoci,
possono anche lasciare perplessi. L’idea che i gangster del film non imbraccino
le loro tradizionali armi, i mitra Thompson, per evitare di risultare troppo
affascinanti agli occhi dello spettatore, è solo l’esempio più lampante. Ma
sembra davvero poco credibile la figura del boss malavitoso McKay (William Harrigan) che istrada Brick Davis (James Cagney), personaggio al centro della storia,
sulla retta via e anche lo stesso protagonista sembra un individuo fin troppo
coscienzioso o forse lo è in modo non del tutto convincente. Va detto che, se
queste coordinate sembrano palesemente dettate per rilanciare la popolarità
degli uomini di legge a fronte della fama dei gangster legata ai crime movie
degli anni precedenti, Keighley sa il fatto suo e trova il modo per bilanciare
comunque l’equilibrio morale della storia. In primo luogo facendo pagare le sue
colpe a McKay, individuo dipinto in modo paternalistico ma comunque elemento di
spicco della malavita organizzata. L’uomo ottiene un valido riscatto morale ma vi arriva per la strada più dura e, quindi, in un certo senso meritato: sarà
infatti l’arma del suo pupillo Brick a freddarlo, sebbene in modo del tutto
inconsapevole da parte di questi. Il vecchio boss, ormai ritiratosi, era stato
usato come scudo umano dalla sua vecchia cricca, finendo così proprio sotto i
colpi di Brick nel conflitto a fuoco.
Questo è un passaggio per niente
secondario perché l’idea che McKay passasse la mano per dedicarsi ad una comoda
vecchiaia dopo una vita a gestire il malaffare, sarebbe stata indigeribile in
un film americano. Lo stesso Brick deve scontare qualcosa, il passato nel
quartiere turbolento oltre ai favori ottenuti da McKay; favori a fin di bene,
sia chiaro, come una laurea in legge, ma comunque ottenuti col denaro non
pulito del boss. Nonostante il nostro uccida il suo padrino in modo involontario
e del tutto fortuito, è comunque un passaggio simbolicamente chiave per
tagliare i ponti con un passato comunque potenzialmente equivoco. A questi
interessanti dettagli narrativi, si aggiunge anche il sacrificio di Jean (Ann
Dvorak), vecchia fiamma di Brick che mette a rischio la sua pelle, perdendola,
per aiutare la legge, quando il suo vecchio fidanzato le apre gli occhi di
fronte al mondo corrotto e violento in cui si era adagiata. Al suo confronto,
l’eroina della vicenda deputata a convolare col protagonista, ci fa un po’ una
magra figura: ma, per la verità, né Margaret Lindasy (è Kay, la fidanzata in questione) né la Dvorak sono figure
femminili particolarmente affascinanti; ragazze carine, ma niente più. E
questo, in un film che, pur non essendo un noir ne condivide alcune atmosfere,
è un limite troppo penalizzante. E’ quindi la mancanza di una controparte femminile
che regga il carisma di Cagney a relegare La
Pattuglia dei Senza
Paura, nonostante i tanti favorevoli presupposti, a semplice buon
film.
Ann DvorakMargaret Lindsay
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