840_IL SEME DELL'ODIO (The Wilby Conspiracy). Regno Unito, 1975; Regia di Ralph Nelson.
C’è una scena, in Il seme dell’odio che, anche a livello cinematografico, esprime il tono di cui è, in modo certo sorprendente, intrisa tutta la pellicola. Jim Keogh, (Michail Caine), un inglese e Shack Twala, (Sidney Poitier), un nero rivoluzionario sudafricano, stanno andando in auto da Città del Capo a Johannesburg, un viaggio di quasi mille miglia. Per la precisione stanno scappando, con i servizi di sicurezza sudafricani e la polizia alle calcagna, una situazione drammatica e quasi senza via di scampo. Su un lungo e monotono rettilineo Keogh, alla guida, si appisola un attimo, finendo fuori strada: dopo averci fatto capire che il sonno ha finalmente vinto l’uomo, il regista Ralph Nelson piazza la macchina da presa ferma, mentre l’auto la supera un attimo prima di deragliare fuori dalla carreggiata. Si ode il fracasso, ma l’inquadratura rimane sulla strada ora deserta; sennonché, durante i rumori della macchina che si ribalta, l’immagine si mette a traballare, accompagnando il sonoro dello schianto con forti sobbalzi della visuale ancora ferma sulla strada; un effetto tipico dei cartoni animati. E quando l’inquadratura va sull’auto capottata, i due uomini sbucano simultaneamente dai finestrini, con l’inglese che beffardamente si lamenta della guida del sudafricano (che non era alla guida). Il fatto sorprendete a cui si accennava prima, è che il tono è ironico pur se il tema del film è l’apharteid, in un periodo in cui non è che fosse tanto salubre scherzarci sopra; forse Nelson ci si arrischia perché ha ben dimostrato con il suo curriculum (Tick… tick… tick… esplode la violenza, Soldato blu) che non può certo essere accusato di essere un suprematista bianco.
In ogni caso, la miscela orchestrata dal regista americano funziona: Il seme dell’odio è un gradevole, divertente, film d’avventura che approfitta dell’ambientazione per mettere in mostra una delle peggiori aberrazioni che la cultura occidentale abbia mai sviluppato. A pensarci bene, il tono ironico è forse anche l’unico che consente di mostrare il Sudafrica della discriminazione razziale senza scadere nel ridicolo: perché, se non fosse che si tratta di un problema tragicamente reale, è evidente che le tesi razziste che animano gli afrikaner (i bianchi del Sudafrica) li rendono ridicoli, nella loro minuscola meschinità. In ogni caso l’ironia consente a Nelson di sferzare la sua critica alla società razzista sudafricana senza appesantire il film e, di conseguenza, smorzarne la portata. Il seme dell’odio è quindi un film appassionante in cui, per assurdo, pur essendo Caine e Poitier due autentici assi, la parte del leone la fa un cattivo, il maggiore Horn (Nicol Williamson) che quando è in scena ruba la ribalta a tutti. Bene anche Rutger Hauer, pur se in un ruolo secondario, mentre è, tutto sommato, ben impiegata la deliziosa Prunella Gee nei panni, spesso succinti, di Rina, la fidanzata di Keogh.
Nessun commento:
Posta un commento