838_IL CARDINALE (The Cardinal). Stati Uniti, 1963; Regia di Otto Preminger.
Tra i tanti aspetti che colpiscono in un film corposo ed
importante (per via della durata, ma anche dei temi trattati) come Il Cardinale di Ottto Preminger, il
primo a sorprendere, almeno in ordine di tempo, è il modo in cui viene
utilizzato il talento artistico di Saul Bass. Per questo film l’artista
newyorkese produce la grafica dei manifesti, e lì il suo lavoro è abbastanza
tipico, mentre per i titoli di testa, sul momento, può sembrare un po’ come se
il suo genio artistico fosse messo in secondo piano. E’ evidente che non siamo
di fronte a situazioni del calibro di Anatomia
di un omicidio o L’uomo dal braccio
d’oro, due precedenti film di Preminger che erano introdotti dai folgoranti
credits animati del geniale artista. In
quest’opera, i titoli di testa, per altro scritti con caratteri tipicamente
stilizzati in perfetto stile Saul Bass, scorrono piccoli e non invadenti su una
serie di riprese della Città del Vaticano; riprese cinematografiche, e quindi
immagini vere, insomma, e non disegni stilizzati come ci si attenderebbe da
un’operazione che veda coinvolto il designer.
Eppure… eppure l’idea generale è simile ai titoli di testa dei film citati: le
riprese di Preminger sono studiate da apparire quasi astratte, praticamente
simili ai disegni di Saul Bass. Ma questo può forse significare che, se i
casi laici e scabrosi dei film precedenti (omicidio e
droga) necessitavano di una resa simbolica, stilizzata, per poter essere
affrontati, questo non è necessario nel momento in cui ci si accosta ad
un’istituzione come la Chiesa. Il
che può forse sottintendere che la
Chiesa sia simbolica per definizione, al punto che la sua capitale,
vista dal vero nelle riprese, equivalga a quelle immagini artificialmente
prodotte da Saul Bass.
E, sebbene l’arte del designer rifletta il gusto pop dei
sixties, è addirittura perfetta per
accompagnare l’opera di Preminger: il rigore analitico, quasi processuale, del
suo cinema trova un’ideale sintesi nei titoli di testa e nei manifesti di Bass.
La stilizzazione astratta delle figure animate di Saul Bass rispecchia infatti la
capacità di Preminger di osservare con rigore, distacco e, almeno
apparentemente, freddezza. Ma ne
Il
Cardinale questa capacità sembra quasi vacillare, dietro i troppi passaggi
narrativi dell’opera; viene infatti da chiedersi, vedendo il film: sono davvero
necessari tutti i 175 minuti che compongono il lungometraggio? Non è una
domanda dettata dalla noia per l’eccessiva durata, perché il film è ben diretto
e si lascia guardare; solo viene spontaneo ritenere qualche passaggio
superfluo, inutile. Eppure sembra strano che proprio Preminger sottovaluti un
aspetto inerente al tempo, che è uno dei motivi di interesse sempre presente
nel suo cinema.
Anche ne
Il Cardinale questa
importanza, questa attenzione allo scorrimento del tempo, (uno scorrere che
ricorda quello del fiume da cui non si ritorna di un suo precedente film), è
sottolineata da, non uno, ma ben due
flashback
monstre; praticamente i due tempi dello spettacolo cinematografico. E l’uso
di uno sguardo retrospettivo toglie anche la suspense per il finale: quasi che
il tempo non passi, ma sia già sempre ormai passato; e di conseguenza non possa
tornare.
E l’apparente eccessiva lunghezza de
Il Cardinale forse vuole indicare che non si tratta del solito
sguardo analitico, quasi astratto, di Preminger, perché un’istituzione come
la Chiesa è essa stessa
un’astrazione. O forse perché Preminger, stavolta, in ossequio ad un rispetto
per un tema delicato come la religione, non ne finisca completamente lo
studio, l’analisi, attraverso
l’applicazione della sua
anatomia
cinematografica. In effetti, nell’opera vi è una sorta di elenco di situazioni
che vedono il protagonista Stephen Fermoyle (Tom Tryon), un sacerdote, fare
progressivamente carriera in seno alla Chiesa Cattolica, passando attraverso
una serie di episodi diversi e narrativamente autonomi tra loro. Inizialmente
si trova in una parrocchia di Boston dove la comunità irlandese si rivela
troppo tradizionalista, poi è spedito in una sperduto villaggio in gravi
difficoltà economiche; a questi ostacoli ambientali, si aggiungono quelli
personali della vita di Fermoyle. La sorella, fidanzata ad un ebreo, è stata
osteggiata in questa scelta sentimentale dalla famiglia, irlandese e fermamente
cattolica; scappata da casa, la ragazza rimane incinta, ma complicanze legate
al parto costringono il fratello maggiore, padre Fermoyle appunto, a prendere
una drammatica decisione tra la salvezza della madre attraverso l’uccisione
della nascitura o il salvataggio della bambina a costo della vita della madre
stessa.
La religione cattolica, e forse anche la propria coscienza, impongono
la scelta a Fermoyle, che di fatto, condanna a morte la propria sorella. La
crisi di coscienza susseguente lo vede in una sorta di esilio in Europa, in
Austria, dove assapora la vita da borghese, e conosce Anne-Marie (Romy
Schneider). Si ravvede per tempo, torna a Roma, dove aveva studiato in
gioventù, e prende servizio in Vaticano; poi risponde in prima persona ad un appello
di un prete di colore che lamenta di metodi razzisti ai danni della comunità
afroamericana, da parte Ku Klux Klan nello stato della Georgia nel sud degli
Stati Uniti. Recatosi sul luogo, assaggia sulla propria schiena quella frusta
che i razzisti usano abitualmente sugli abitanti di colore; tornato a Roma
viene richiamato a Vienna per correggere il cardinal Innitzer che si è
incautamente dichiarato favorevole al nazismo.
Insomma, come si vede, una trama
con tanti episodi, che mettono tanta, troppa, carne al fuoco: ma forse
Preminger non vuole finire il lavoro, non vuole
asciugare questo magma narrativo per trarne la sua lucida analisi.
Forse vuole fermarsi prima e lasciare tutti gli elementi dell’autopsia sul
tavolo; perché la sua considerazione finale, è un’altra.
La Chiesa
è sì vista da Preminger come un’istituzione a cui affidarsi, ma poi il
protagonista si trova a rendere conto solo alla propria coscienza: è così
quando in accordo con i dettami della Bibbia lascia morire la sorella, ed è
così quando si muove in contrasto con i suoi superiori nell'aderire alla
richiesta del prete di colore della Georgia.
Ma allora
la
Chiesa può essere vista, nell’ottica di un uomo che ha
dedicato la sua vita alla sua professione, come il cinema, e quindi i vari episodi
del film, così eterogenei tra loro, possono rimandare alle scelte dei film
fatti da Preminger, che mai ha voluto focalizzarsi su di un unico
genere. E che, riguardando questo suo film, può sentirsi come il cardinale che, con lo sguardo
volto all’indietro, ricorda la sua esistenza come quella di un uomo che ha
dovuto e voluto sempre rendere conto alla propria coscienza più che
all’istituzione a cui si è affiliato. In quest'ottica
Il Cardinale, film in genere non troppo considerato, risulta quindi una sorta di manifesto del cinema di Preminger. Un regista che non si è mai piegato alle tipiche logiche produttive dell'industria cinematografica anche a costo di sembrare un autore che procedesse nella propria filmografia senza una direttiva autoriale coerente. Il cinema di Preminger: il cinema secondo coscienza.
Romy Schneider
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Dorothy Gish
quando si tocca l'istituzione Chiesa diventa sempre tutto più rischioso e quindi forse non è un caso che il regista si sia frenato proprio qui, ma vedo che tu adduci anche altre motivazioni "interne" alla sua opera, per cui va bene così, del resto come concetto mi piace, lasciar scorrere le vicende senza fare commenti...
RispondiEliminain che senso "in accordo con i dettami della Bibbia, lascia morire la sorella"...?
La Bibbia proibisce di uccidere e per salvare la sorella andava fatta abortire che, in quell'ottica equivale ad uccidere il bambino. Se non si fa nulla, si rispetta se non altro la volontà del Signore, anche se la cosa ha ovviamente conseguenze spiacevoli. Tema spinoso che oggi non la "farebbe franca" come ai tempi. Come vedi io stesso, su questo passaggio, nella rece sono stato un po' ermetico; è un argomento per il quale non basterebbe certo una recensione di un film oltre a scontrarsi con schieramenti arroccati sulle proprie convinzioni.
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