848_SOLDIER'S LULLABY (Zapanska Za Vojnike). Serbia 2018; Regia di Predrag Antonijevic.
L’incipit e la chiusura di Zapanska Za Vojnike, film del 2018
distribuito nel mondo con il titolo anglosassone Soldier’s lullaby, sono
tutto sommato simili, a simboleggiare una sorta di circolarità dello schema
narrativo. Un po’ come se si stesse girando su sé stessi, riflettendo, in un
certo senso; e, in effetti, Zapanska Za Vojnike è una sorta di moto
interiore dell’ex soldato protagonista che ripercorre il proprio passato. Il
racconto è infatti visto in flashback, vent’anni dopo gli avvenimenti. Stevan
(Marco Vasiljevic) era un professore di biologia arruolato nell’esercito serbo
nel 1914, nella Quinta Batteria di Artiglieria, col ruolo di sergente. Il grado
Stevan lo aveva ottenuto grazie all’istruzione, in quanto non aveva competenze
militari; inizialmente aveva palesato un certo disagio, a fronte dei suoi
superiori, veterani di guerra. Il tenente Aleksandar (Vuk Jovanovic) era un
tipo tosto, in grado di tenere pubblicamente testa ad un monumento come il
comandante della batteria (Ljubomir Bandovic). Il maggiore non ammetteva
debolezze o insubordinazioni ma il tenente non mancava di far presente quando
gli ordini esponevano a rischi inutili gli uomini del reparto e questo suo
rimbeccare al superiore, gli era concesso unicamente per il suo valore sul
campo. Il comandante, per altro, sapeva il fatto suo: la sua eccessiva
attenzione ai cavalli, quasi ritenuti più importanti degli uomini, aveva un suo
fondamento, almeno a livello di strategia militare. Lo scoppio della Grande
Guerra non proiettò, infatti, gli eserciti direttamente in quelle trincee
che siamo abituati a vedere al cinema come luogo per antonomasia del conflitto.
Innanzitutto bisognava arrivarci, al fronte, e per farlo bisognava marciare
per interminabili giornate.
In effetti per una grandissima parte di Zapanska
Za Vojnike vediamo la Quinta Batteria d’Artiglieria in movimento
verso il luogo degli scontri e, dovendo i nostri trasportare i cannoni, la
salute degli animali diveniva cruciale. Tuttavia questa maniacale attenzione
verso i quadrupedi da parte del comandante finisce per essere in parte
travisata: non è un uomo cattivo, l’ufficiale, è che deve riuscire a portare i
cannoni in zona di tiro. Il tenente Aleksandar è tuttavia di ben altra pasta
umana: chiamato a rintuzzare un tentativo di insubordinazione di un reparto che
stava abbandonando il proprio posto lungo la prima linea, convince quegli
uomini a far ritorno sui propri passi. E a fronte della successiva richiesta
del maggiore di fornirgli i nomi degli ufficiali coinvolti, si inventa la scusa
di aver perso il taccuino, suscitando la muta ammirazione del protagonista
Stevan.
Il clima del racconto è generalmente greve anche se, nella truppa della
Quinta Batteria d’Artiglieria, non mancano i classici marmittoni che non
perdono occasione di scherzare. Eccoli lungo un fiume che stanno appunto dando
luogo ad uno dei loro tipici siparietti, che sull’altra riva si palesano gli
austriaci. E’ un agguato in piena regola: i serbi sono alle prese con un ponte
appena costruito che si dimostra non adeguato, nonostante le rassicurazioni del
capitano del genio militare. Il ponte crolla malamente nonostante l’artiglieria
non avesse ancora cominciato l’attraversamento. La battaglia infuria, gli austriaci
al coperto fanno fuoco senza pietà, poi interviene anche l’artiglieria
imperiale a gettare i serbi nel panico. Dopo la battaglia, il capitano, che
aveva sì costruito il ponte per la fanteria ma aveva assicurato che avrebbe
permesso il passaggio dei cannoni, arriva a suicidarsi per il disonore. Non si
mette bene, per la Serbia: la Bulgaria è entrata in guerra e, approfittando
dell’impegno dei vicini slavi sul fronte austriaco, ha sfondato lungo il fronte
macedone. Stevan è preoccupato per la sua famiglia e chiede il permesso di
tornare al paese: il maggiore glielo nega, la patria innanzitutto. Il povero
sergente è sempre più affranto e il tenente Aleksandar lo rincuora
consegnandogli la licenza firmata proprio dal maggiore. In realtà si tratta di
un falso, è lo stesso tenente ad aver copiato la firma del suo superiore che,
il mattino dopo, informato della cosa, va naturalmente su tutte le furie. Ma le
minacce di punizione al tenente vengono infrante dall’attacco austroungarico
che arriva a spazzar via l’intero reparto serbo. Il maggiore sopravvive ed è
proprio lui a ritrovarsi, nella cornice narrativa aperta nell’incipit, con il
sergente per una rievocazione degli eventi. Stevan scopre così che la sua
sopravvivenza fu legata ad un’azione irregolare del tenente Aleksander, un uomo
il cui valore e il cui coraggio non gli fecero mai mancare la giusta
considerazione per la vita umana. In guerra, in ogni guerra ma specialmente in
un conflitto aspro come la Grande Guerra, merce rara.
bella la foto di gruppo circondati dagli alberi... :)
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