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martedì 20 luglio 2021

VENERE IN VISONE

855_VENERE IN VISONE (BUtterfield 8). Stati Uniti, 1960; Regia di Daniel Mann.

Pare che il set del film Venere in visone fosse piuttosto tribolato, con la protagonista Elizabeth Taylor che accettò il ruolo solo per rispettare il contratto con la MGM, ma non ne fosse affatto convinta; e purtroppo in seguito si ammalò gravemente. Il clima di tensione che ne scaturì coinvolse anche il regista e non aiutò certo a rendere piacevole il lavoro durante le riprese. Ma spesso da situazioni critiche si può ricavare, quasi per una sorta di trasformazione chimica, qualcosa di buono, e in effetti forse proprio una circostanza del genere accadde durante la realizzazione di Venere in visone. Non che il film sia compiuto, che dia cioè l’idea di un’opera ben costruita, organizzata e sviluppata. Il plot alla base è un melodramma tipico del periodo, con temi scabrosi che portano alla luce del sole quegli argomenti che fino all’ora si preferiva evitare di affrontare. La protagonista, Gloria, (una splendida Liz Taylor, manco a dirlo) è una squillo di lusso e vive questa sua condizione immorale quotidianamente accanto alla madre (Mildred Dunnock) che le funge anche da centralinista, ricevendo le chiamate telefoniche dei clienti (inoltrate allo pseudonimo BUtterfield 8, che è il titolo originale del film). Per la povera e anziana donna una dura condanna: non solo assistere alla dissoluta vita della figlia ma addirittura contribuirvi. Gloria, in seguito, si innamora di un uomo ricco che è malauguratamente già sposato (con Emily, interpretata da Dina Merrill) e così, tra un violento litigio e una notte romantica, si arriva al tragico epilogo. L’architettura del film è anche buona, con il pretesto narrativo della pelliccia di visone ben congegnato; il clima è torbido come si conviene, ma il regista Daniel Mann non riesce a orchestrare il tutto per cavarne un film che rispetti i tanti spunti. 

La Taylor è straordinaria (premio Oscar 1961 per questa sua interpretazione): la sequenza iniziale è fantastica, con la diva che si sveglia nell’appartamento di Weston Liggett (Laurence Harvey) si infila sottoveste e tacchi a spillo, mentre cerca di raccapezzarsi di cosa sia successo la notte precedente. Un’altra scena di sensualità certamente un po’ sconcia per il genere di pellicola (si tratta pur sempre di un melò) è quella che vede lo scontro fisico, quasi un confronto di forza, tra Liggett e Gloria, con l’uomo che stringe con cattiveria il polso alla donna e questa che gli tiene testa premendogli sul piede il tacco a spillo. Liz ha poi la possibilità di sfoggiare alcuni passaggi recitativi che mettono in luce il suo indubbio magnetismo sensuale e che sono tra i meriti più significativi della pellicola. Purtroppo l’impressione è che tali sprazzi siano virtuosismi recitativi legati al talento dell’attrice più che momenti realmente connessi al tessuto filmico che il regista stenta invece a far decollare. Venere in visone resta comunque un film interessante, condito da una sensuale Elizabeth Taylor, splendida e bravissima. E tanto basta.    




 Elizabeth Taylor











Dina Merrill


2 commenti:

  1. oggi un film con un titolo così non lo farebbero... forse anche per questo, per motivi animalistici, Liz non ne era convinta?

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  2. Di perplessità animalistiche riguardo a questo film, da parte della Taylor, non ho notizia. Io so che ha dovuto girare questo film "obbligata" dal contratto con la MGM (che mica avevo firmato io al suo posto, eh) e questo probabilmente contribuì ad indisporla nei confronti di film e regista. Del suo ruolo disse che era "stupido e immorale" ma penso si riferisse al fatto di fare la prostituta così scopertamente con la madre. Per altro, Liz sullo schermo è adorabile.

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