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venerdì 2 luglio 2021

SAN GIORGIO UCCISE IL DRAGO

843_SAN GIORGIO UCCISE IL DRAGO (Sveti Georgije ubiva aždahu)Serbia, 2009; Regia di Srđan Dragojević.

Si rimane perplessi, dopo aver visto San Giorgio uccise il Drago (traduzione letterale di Sveti Georgije ubiva aždahu) di Srđan Dragojević, a fronte della pessima fama che accompagna questa produzione praticamente affossata sin da subito dalle pesanti critiche subite in patria. Certamente i critici serbi avranno avuto le loro ragioni, nello stroncare il film di Dragojević ma, alcune delle loro osservazioni appaiono un po’ pretestuose. Ad esempio, pare che sia stato contestato il passaggio in cui gli invalidi di guerra vengano reclutati e spediti al fronte, fatto che non avrebbe alcun fondamento storico. Ora, i film bellici sono pieni zeppi di episodi inventati e creati di sana pianta, e questo è da considerare normale al cinema, che è l’arte della finzione per eccellenza. Quello su cui si potrebbe discernere, è il grado di attendibilità preteso da un testo che, in questo specifico caso, era esplicitamente dichiarato in una didascalia tutto sommato ambigua. “Ispirato da eventi reali” può voler dire tutto e niente, infatti. In ogni caso, al cinema è difficile, stessimo anche guardando un film di genere documentario, che si spacci per oro colato quanto mostrato. Perfino un documentario cinematografico mette sempre bene in evidenza la sua paternità (regia di…) e questa ammissione di soggettività della settima arte è quella che le permette, eventualmente, di assurgere a verità. La verità dell’Arte, che si differenza dalla mera copia, il falso. Sottigliezze, forse, mentre i problemi riscontrati da San Giorgio uccise il Drago sono stati ben più concreti. 

Certo, sin dal principio, il regista offre una comoda sponda a chi lo accuserà di utilizzare fondi pubblici nazionali per produrre un assurdo esempio di auto-sciovinismo, l’odio verso il proprio popolo. Nell’incipit, il vecchio Deda nonno Aleska (Bora Todorović) racconta al piccolo orfano Vane (Predrag Vasić) delle tante imprecazioni che il popolo serbo riserva quotidianamente al sole, a Dio, al pane, alla madre. Poi ci sono molti passaggi in cui si insiste su una scaramanzia quasi superstiziosa, di cui prima vittima è il corvo nero che introduce il protagonista dell’opera, Đorđe Žandar (Lazar Ristovski), che se la prende subito col volatile reo di portare sfortuna. Đorđe, versione serba del nome Giorgio, è un gendarme, uno che fa il militare anche nei rari momenti in cui il suo paese non sia in guerra. 

Perché il vero tema di San Giorgio uccise il Drago è che il paese slavo sia stato, nella Storia, costantemente flagellato dalle guerre. Dopo le sanguinose Guerre Balcaniche, i serbi si trovarono l’anno successivo già catapultati nella Prima Guerra Mondiale entrandovi dalla porta principale, subendo cioè l’attacco dell’Impero Austroungarico, che non diede loro nemmeno il tempo di decidere o meno se aggregarsi al conflitto, come invece accadde per molti altri paesi. Nel film di Dragojević i reduci delle Guerre Balcaniche stanno faticosamente cercando di riadattarsi alla vita borghese che presto la campana del villaggio risuona per la terza volta in tre anni: è la chiamata alle armi per la guerra mondiale. Tra i mutilati di guerra spicca la figura di Gavrilo (Milutin Milošević) che, perso un braccio, al suo ritorno preferisce lasciare la fidanzata, Katarina (Nataša Janjić) con cui andrà però a comporre un torbido e pericoloso triangolo melodrammatico insieme a Đorđe. Il gendarme sposerà infatti la giovane che però non riuscirà a dimenticare il suo storico fidanzato; il quale, dal canto suo, sarà costantemente tormentato dalla volontà di tornare alla vita precedente la perdita del braccio e il non poterlo naturalmente fare. In una società arcaica come quella serba di inizio XX secolo gli intrallazzi di Gavrilo non sono certo bene accetti e la traccia sentimentale incrina anche i pochi frammenti di vita in cui non ci sia qualche azione bellica in corso. L’intreccio della storia si sviluppa attorno a tre elementi della tradizione: la matrice pratica del paese, incarnata da Đorđe, cerca di farsi strada (uccidere il drago), tra mille difficoltà. 


La metà oscura dell’anima serba, affascinante e misteriosa, è impersonata da Gavrilo, omonimo di quel Gavrilo Princip (che nel film compare in una scena mentre si reca a Sarajevo per l’attentato) venerato quasi fosse un santo. Il Gavrilo protagonista del film ne ha il carisma ma, in più di un momento, viene il sospetto che, più che un leader popolare, egli possa piuttosto essere il drago della tradizione, specialmente quando Đorđe si propone di sparagli per lavare l’offesa dei continui tradimenti della moglie Katarina. Accanto a questi elementi in perenne e agitato contrasto tra loro, si oppone la solida figura della Sava, il fiume che scorre imperturbabile vicino al villaggio, importante riferimento durante la guerra oltre che nome del Santo Patrono della Serbia. 
La Grande Guerra scoppia in tutta la sua violenza, la battaglia del Monte Cer inaugura il conflitto in una rappresentazione filmica forse troppo influenzata dall’immaginario legato ai successivi sviluppi della guerra di trincea. Indiscutibile però l’efficacia delle immagini del film oltre che del colorito linguaggio dei militari serbi. La situazione conflittuale già insita nelle comunità soggette alle continue guerre è ulteriormente esasperata dal nuovo scontro bellico. La popolazione è ancora più povera e in difficoltà, per via delle tante mancanze che la società del villaggio manifesta: gli invalidi, i mutilati, i ritardati, gli orfani a tutti sembra mancare qualcosa. Pur in un simile contesto crea disagio l’accusa rivolta agli invalidi di approfittare dei soldati al fronte per insidiare le loro donne. In realtà assistiamo ad un unico caso, nel film, il che statisticamente potrebbe benissimo essere un evento plausibile; cose che capitano, insomma. 


Ma c’era già la vicenda di Gavrilo che se la intendeva con la donna di Đorđe e così la questione prende corpo, alimentata ulteriormente dalle voci, dalle lettere delatorie spedite al fronte e l’idea che viene ai soldati è che, mentre loro rischiano la vita, altri stiano a casa a spassarsela con le loro mogli. Per placare i moti di rabbia e i tentativi di diserzione i mutilati vengono arruolati e spediti al fronte; una vicenda grottesca e surreale che però, da una parte, dà bene il senso di come fosse percepita la guerra dalla gente comune del tempo. Dall’altra, più che infangare l’onorabilità serba, dà una chiave di lettura per comprendere come spesso la reputazione di un popolo passi proprio da azioni autolesionistiche intraprese senza concrete basi storiche. 

In fondo, il punto nevralgico del film sembra piuttosto essere in luce positiva, visto che Đorđe, nonostante le tante attenuanti, decide di non sparare a Gavrilo ma, anzi, salvargli la vita durante una battaglia. Insomma, il drago del titolo poteva quindi essere il rancore che il protagonista, nel momento clou, decide di sopprimere. E questo potrebbe essere un tentativo (non colto, a quanto sembra, visto il flop in patria, sia critico che di pubblico) di togliere dalle spalle della Serbia la sinistra fama che l’accompagna. Pregevole e condivisibile intento. Sebbene i fatti successivi la dissoluzione della Jugoslavia, negli anni 90, non siano così lontani nel tempo e forse rimangano come ulteriore ostacolo da superare in quest’ottica. 



Nataša Janjić




2 commenti:

  1. si è parlato della chiesa di San Giorgio a Modica due sere fa, con degli amici che sono da poco tornati da un viaggio di nozze, ho visto pure una foto della statuetta con il santo a cavallo... :)

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  2. Santo che, chissà perchè, mi è particolarmente simpatico... ;)

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