636_DOV'E' ANNA? Italia, 1976. Regia di Piero Schivazappa.
L’epoca d’oro degli sceneggiati Rai fu tra gli anni sessanta e i settanta e, in quest’ultimo, decennio vennero prodotti alcuni assoluti capolavori di questo format televisivo. Eppure già in opere in genere considerate riuscite come Dov’è Anna? di Piero Schivazappa si intuiscono i primi segnali che il momento culminante è ormai alle spalle. Siamo nel 1976, quando la Rai manda in onda questo sceneggiato giallo in sette puntate, nel pieno dei seventies quindi, ma Dov’è Anna? anticipa alcuni limiti tipici delle produzioni televisive che esploderanno compiutamente dagli anni 80 in poi. Intendiamoci, quello di Schivazappa è nel complesso un buon lavoro, avvincente quasi fin da subito e con un finale desolante che, nel suo pessimismo, denota un certo coraggio da parte degli autori. Il racconto è incentrato sulla misteriosa sparizione di Anna (Teresa Ricci), una giovane donna che vive a Roma. Il marito Carlo (Mariano Rigillo) si metterà sulle sue tracce, soprattutto quando il commissario Bramante (Pier Paolo Capponi) alzerà bandiera bianca non riuscendo a cavare un ragno dal buco; a suo fianco, Paola (Scilla Gabel) collega di Anna segretamente innamorata di lui. Questi aspetti, l’ambientazione nella quotidianità italiana di un racconto giallo e soprattutto l’intraprendenza del privato cittadino a fronte dell’incapacità delle forze dell’ordine, possono aver aiutato lo spettatore del tempo, che si ritrovava in quegli anni in una società che stentava a riconoscere come ambito di appartenenza. Tuttavia un caso di una donna che sparisce senza lasciare traccia, in qualunque contesto, desterà sempre l’attenzione; e questa leva rimante l’elemento di maggior peso di Dov’è Anna?
In generale, la produzione è di buon livello, ancora fortemente ancorata alla tradizione Rai che, non lo si dirà mai abbastanza, fino a quegli anni era davvero eccellente; basti pensare all’efficacia dell’ossessivo tema musicale dello sceneggiato, opera di Stelvio Cipriani. Dal canto suo, il pubblico rispose in modo assolutamente positivo, con ascolti record ancora oggi lusinghieri; lo si è detto, il tema giallo di una persona scomparsa è, in Italia, il paese del mistero, un argomento che suscita sempre interesse. In questo quadro generale certamente positivo, ci sono alcune note stonate che, lì per lì, poterono passare anche inosservate, ma che invece erano intuizioni negative degli autori. Ad esempio l’uso strumentale di situazioni sociali inserite alla bisogna nei vari episodi, quasi ad allungare il brodo in salsa politicamente corretta di una storia che avrebbe dovuto avere uno sviluppo naturalmente più stringato. Questo rifacendosi, ovviamente, agli elementi forniti dagli autori stessi nella storia da loro raccontata: Anna era, stando a quanto si apprende, una donna semplice e normale che, ad un certo punto, sparisce. A quel punto si scopre che poteva essere la possibile amante del suo datore di lavoro, il signor Lari (Marco Guglielmi), ma si tratta di una falsa pista. Fin qui niente di strano, sia chiaro; la storia di Lari e dei suoi ricatti ai danni del suocero si snoda nella seconda puntata, Anna era stata presa a pretesto e la cosa finisce lì. Anna rimane comunque introvabile.
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