1048_IL FASCINO DELL'INSOLITO: MIRIAM . Italia, 1980; Regia di Biagio Proietti.
Si potrebbe invocare la difficoltà del testo di Truman
Capote all’origine, un veloce racconto, per giustificare preventivamente l’impressione
di inadeguatezza, di disagio, che traspare dalla riduzione televisiva di Biagio
Proietti di Miriam. Invece, occorre fare una sorta di passo indietro ed
accorgersi di quanto è salutare la banale scomodità del quinto film della serie
Il fascino dell’insolito - Itinerari nella letteratura dal gotico alla
fantascienza con cui si chiude la prima stagione. Era l’alba degli anni
Ottanta, il decennio degli anni di piombo faticava a lasciar spazio a
quello del vuoto pneumatico che, almeno in Italia, vedrà la TV di
Berlusconi forgiare le nuove generazioni: se una cosa i due periodi storici avevano
in comune, era che il tempo per riflettere scarseggiava in tutte e due gli
ambiti. Forse perché pensare mette tristezza. Proietti, per il suo intimo e
interessante film, ci riporta all’origine della società del benessere, l’America
del dopoguerra. Come detto il soggetto è di Truman Capote, la musica che
accompagna il film è il jazz di Glen Miller (Moonlight Serenate) e dei Mills
Brothers (After You, Don’t be a Baby baby), le immagini dei titoli di testa
sono ispirate ai quadri di Edward Hopper. La devastante solitudine in cui regna
Miriam (Luisa Rossi, spaesata) è esattamente la nostra, sebbene ai tempi si cercasse
di dimenticarlo affannandosi in un modo o nell’altro, a protestare in una piazza
degli anni Settanta o divertendosi nella Milano da bere di una nota
pubblicità del decennio successivo. Oggi ci proviamo coi social network.
Luisa Rossi
Claudia Vegliante
Margherita Sestito
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