Translate

venerdì 27 giugno 2025

PAPARINO

1689_PAPARINO , Italia 1959. Regia di Giacomo Vaccari

In origine, quella che venne chiamata «prosa televisiva» in Rai consisteva in una sorta di «teatro filmato» che, con i suoi tempi, evolse poi nei celebri Sceneggiati come oggi li ricordiamo. In effetti questo tipo di produzioni erano trasmesse con una certa frequenza dall’emittente nazionale e ci sono autori, come ad esempio Giacomo Vaccari, che prima di focalizzare il loro lavoro sul nuovo «genere» –lo sceneggiato televisivo, appunto – si cimentarono spesso con questo tipo di opere. I debiti con il teatro sono enormi, in sostanza si potrebbero definire gli studi di registrazione Rai come un vero e proprio palcoscenico e l’udienza televisiva come gli spettatori accorsi per la rappresentazione. Come detto Vaccari realizzò numerosi di questi che vengono comunque considerati film a tutti gli effetti, almeno stando alle sue filmografie reperibili in rete; nel 1959 la Rai tramise Paparino, una commedia tratta da una pièce di Dino Falconi. Correva il 1949 quando Falconi scrisse appunto Paparino, una commedia leggera piena zeppa di equivoci, in una stagione in cui il teatro era concentrato su altri temi, più seri e drammatici: eppure all’Olimpia di Milano, il pubblico apprezzò. [Baglio Gino, Tre atti farseschi di Dino Falconi, Paparino, Radiocorriere Tv, n. 45, 8-14 novembre 1959, pagina 43]. Dopo un passaggio in radio nel 1951, la commedia di Falconi approdò anche in televisione, per una messa in scena, come detto, diretta da Giacomo Vaccari. I crediti attribuiscono lo scritto anche a Luigi Motta, coautore insieme al già citato Falconi, per quel che riguarda gli interpreti protagonisti si possono ricordare Umberto Melnati, è Stefano Marchi, Anna Menichetti, è Marta, e Mario Scaccia, è Giuseppe Marchi. 

Al netto dei continui imbrogli ed equivoci della trama, il canovaccio verte sulla contrapposizione tra i fratelli Marchi: Stefano, autore di commedie, e Giuseppe, operoso imprenditore. Tanto il primo è un perdigiorno, spendaccione, e sensibile al fascino delle attricette, come Marta, che frequentano il suo ambiente, quanto l’altro è morigerato e austero, ligio ai severi doveri famigliari. Un’impostazione che ricorda Signori si nasce [
Signori si nasce, Mario Mattoli, 1960], con Totò nel ruolo del fratello frivolo e spendaccione e Peppino De Filippo in quelli del serio lavoratore, del resto anche il film di Mattoli si basava appunto sulla commedia di Falconi. La prosa televisiva della Rai del 1959 non era paragonabile al contemporaneo cinema di Cinecittà, così come Umberto Melnati e Mario Scaccia non reggono il confronto diretto con Totò e Peppino. E anche il pur volenteroso Giacomo Vaccari, chiamato ad una gestione discreta della ripresa televisiva, non può competere con un vecchio marpione della Settima Arte come Mattoli, al tempo all’apice di una lunga e fortunata carriera. E, già che ci siamo, anche da un punto di vista del fascino femminile, la pur gradevole Anna Menichetti non ha certo il fascino di Delia Scala che, al tempo di Signori si nasce, aveva una trentina d’anni ma la proverbiale freschetta assolutamente inalterata. Eppure, Paparino non sfigura affatto nel confronto complessivo con l’illustre rivale cinematografico o, perlomeno, raggiunge il suo scopo, divertendo e facendo sorridere quando non ridere gustosamente. Di più: nel film televisivo, la critica sociale, l’accusa al perbenismo borghese, appare più efficace, perché Giuseppe, quando è vittima dell’ultimo inganno, essere accusato di avere avuto una scappatella ai tempi dell’università, accusa il colpo. La verve di Totò e l’accondiscendente capacità di fargli da spalla di Peppino, disinnescano, al contrario, questi aspetti «impegnati» del testo, che nell’opera di prosa televisiva emergono ancora graffianti. E, a conti fatti, non solo tra Paparino e Signori si nasce un confronto non è del tutto fuori luogo, ma potrebbe avere esiti sorprendenti.   


Nessun commento:

Posta un commento