757_LA CONGIUNTURA . Italia, Francia; 1964. Regia di Ettore Scola.
Seconda regia di Ettora Scola, già valente sceneggiatore, La congiuntura è un lavoro nel quale l’autore italiano è ancora intento a prendere le misure con il suo nuovo ruolo. In genere considerato un film un po’ impersonale, visto che Scola mostrerà in seguito caratteristiche che qui rimangono vaghe, La congiuntura è, in effetti, un’opera a cui manca un po’ di mordente. Già il titolo scelto scaltramente, era un termine di moda al tempo ma poco inerente al racconto, testimonia la volontà di ricercare il risultato confidando nei particolari, piuttosto che badare al sodo. E’ forse un’eredità dello Scola sceneggiatore: in fondo, la sceneggiatura di un film è solo una fase intermedia nel processo di lavorazione e non il prodotto finito. Una sceneggiatura è apprezzabile se è precisa, dettagliata; ferrea, si dice infatti. Poi il regista, interpretandola con la sua qualità artistica, ultima il procedimento dando un senso autoriale a tutto quanto. Ecco, in La congiuntura sembra che manchi un po’ l’ultima fase, quella in cui l’autore peschi nella propria sensibilità e cavi un significato che giustifichi tutta quanta la vicenda. Nella precisione formale del film di Scola spesso è stato visto un rimando alla commedia americana e, in effetti, alcuni dettagli narrativi sono pregevoli; nel caso, non è certo questo il limite del film, il limite è semmai quello di non aver raggiunto il passo successivo ma di essersi fermato ad una pregevole confezione. Il racconto filmico narra di un viaggio da Roma a Lugano, nel quale il principe Giuliano (Vittorio Gassman) deve portare Jane (Joan Collins, al solito, splendida), una ragazza inglese, dalla zia.
In realtà la ragazza lo sta imbrogliando: viaggia infatti con un milione di dollari da esportare in Svizzera per frodare il fisco; è d’accordo con il suo uomo, Sandro (Jacques Bergerac), un poco di buono coinvolto nel losco traffico. Giuliano, scelto per via dell’auto con targa del corpo consolare e quindi esente dai controlli alla frontiera, è un nobile, ricchissimo, vanesio e stolto ma non cattivo. Al netto di una trama ben congeniata con un risvolto giallo per nulla banale e risolto nel finale, per essere una storia di tipo investigativo ciò che non gira è la natura dei cattivi. Pur se ingannatrice, Jane non è perfida, anzi; e perfino Sandro non è poi quel campione di crudeltà, visto che preferisce darsi alla fuga a rompicollo pur di non scontrarsi col principe. Del resto, il suo era un personaggio marginale e il vero epicentro della storia era il rapporto tra Giuliano e Jane.
Forse il punto debole del film è proprio nelle personalità troppo edulcorate che assumono i due primattori: Gassman, il cui personaggio è inizialmente inquadrato in luce negativa, passa da seduttore senza scrupoli a truffato e finisce per accentuare questo aspetto ingenuo e innocente. Joan Collins è forse considerata troppo bella per farne una cattiva, tanto che Jane, nel finale, si redime completamente, divenendo un personaggio positivo anche più di Giuliano. Se Gassman è particolarmente su di giri, la Collins recita senza sforzi: bravi nel loro specifico, ma quello che viene mancare è un po’ di tensione narrativa. La trama rosa è infatti annacquata e l’intreccio giallo, come detto, pur se ben costruito, soffre l’assenza di un cattivo davvero cattivo che metta sotto pressione i nostri. Meglio come commedia, allora, e in questo senso si può leggere il fatto che il vero colpevole del tentativo di trafugare i soldi in Svizzera sia Carlone, il personaggio più buffo della vicenda. E volendo ci sarebbero anche i passaggi graffianti (il nonno dice testualmente un “solo una straniera poteva tutelare gli interessi del fisco italiano” non troppo lusinghiero per gli abitanti del belpaese) ma sono perlopiù oscurati dall’esuberanza di Gassman. Che, come suo solito, mette in ombra tutti; Joan Collins a parte.
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