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domenica 14 febbraio 2021

BRAVADOS

752_BRAVADOS (The Bravados). Stati Uniti1958. Regia di Henry King.

Nei titoli di testa di Bravados, film di Henry King del 1958, un cavaliere avanza in un arido territorio, in controluce: se ne vede solo la siluette scura. Questo, in sostanza, può essere il tema del film, comunque lo si interpreti: può infatti essere l’eroe di cui non si sa nulla e che si rivelerà poco a poco; oppure l’eroe che è all’oscuro della verità e che si lascerà trasportare da un sentimento di vendetta non solo criticabile ma anche mal riposto; e, volendo cogliere i numerosi riferimenti religiosi sparsi per tutta la storia, si può anche intendere come l’eroe che, seguendo appunto la pista della vendetta, si è tolto dalla luce divina. In ogni caso l’eroe tutto d’un pezzo è Gregory Peck che è bravo sia nel mostrarsi granitico, sia nel palesare, sul finale, i primi dubbi e tormenti. Nella prima parte del film il regista Henry King tiene all’oscuro dei fatti anche lo spettatore e la tensione indotta è notevole; dopo il colpo di scena, con la fuga dei condannati, il film mantiene un tono greve, con Jim Douglass (Gregory Peck) che incombe su di loro con inesorabile calma. Molti sono i passaggi violenti: le brutali uccisioni, lo stupro, ma King li tiene sempre fuori campo o comunque mai in primo piano. Una scelta stilistica che si presta all’insolito tema della redenzione dell’eroe: abitualmente, al cinema, si assiste al pentimento di malviventi o personaggi votati al male. King invece prende come soggetto per la sua presa di coscienza autocritica un personaggio eroico come Jim Doglass, che dell’eroe ha l’aspetto e, stando ai generici canoni cinematografici e a quelli più specifici del western, ne compie anche le gesta, eliminando i cattivi


Uno sviluppo quindi molto interessante. Curiosamente, per essere un western, il film pullula di figure femminili: c’è Josefa (una sontuosa Joan Collins) donna che si è emancipata (governa un grande ranch) forse a discapito della propria capacità di essere madre (accudirà però la figlia di Jim). C’è Emma, la ragazza che viene rapita dai condannati: una donna giovane sempre contesa, prima tra le aspirazioni del padre e l’amore del fidanzato Tom, e poi tra il ruolo di ostaggio dei fuggitivi e di oggetto di desiderio sessuale da parte di Bill Zachary (Stephen Boyd), che dei banditi è una sorta di capo. C’è la madre di uno dei condannati (Parrall, interpretato da Lee Van Cleef), divisa dalla disperazione per la vita scelta dal figlio e per la sorte occorsagli. C’è la moglie di Lujan (Henry Silva), un altro dei condannati, una donna che dimostra il suo valore come figura tradizionale di consorte e di madre. 

Sul film aleggiano, infine, anche altre due figure di donna: una è la prima moglie di Douglass, mostrata a più riprese nella foto all’interno di un orologio a cipolla, e di cui veniamo a conoscenza della tragica fine; la seconda è la Vergine Maria, di cui si vede più volte, allo stesso modo, una raffigurazione artificiale, ovvero la statua della Chiesa di Rio Arriba. Sono due figure non in carne ed ossa ma idealizzate, che forse rappresentano l’innocenza perduta della figura femminile.
Il cui futuro è probabilmente incarnato dalla figlia di Douglass. Una bambina tra le braccia del padre a cui una donna non convenzionale come Joselfa farà da madre: il futuro è donna, sembra dirci King, ma di una donna diversa rispetto ai canoni. 








 Joan Collins




2 commenti:

  1. ricordo di averlo visto da adolescente e mi aveva colpito parecchio... la redenzione finale dell'eroe è molto zagoriana ;)

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  2. Beh, Nolitta era intriso del cinema classico americano e su zagor ci sono tantissimi riferimenti ai western degli anni cinquanta. Purtroppo ora gli autori hanno altri riferimenti. Amen.

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