753_MISSILI IN GIARDINO (Rally 'round the flag, boys!). Stati Uniti; 1958. Regia di Leo McCarey.
A vederlo dopo tanti anni, Missili in giardino, film di Leo McCarey del 1958, sorprende per l’idea di incompiutezza che lascia. E dire che McCarey era stato un maestro della commedia, il cast di livello assoluto (Paul Newman, Joanne Woodward, Joan Collins, Jack Carson, Tuesday Weld), il soggetto tratto da Max Schulman e la produzione 20th Century Fox garantiva sulla confezione formale: insomma, cosa diavolo c’è che non va in Missili in giardino? Non una ma tante cose, magari nessuna in modo clamoroso ma, nell’insieme, queste note leggermente stonate impediscono all’opera di decollare. Cominciamo dal principio, ovvero dal soggetto: nel suo libro Max Schulman era avvincente e dissacrante, come suo solito del resto. Qui non solo prendeva in giro le forze armate, la corsa allo spazio, la generazione della gioventù bruciata, il matrimonio, la famiglia americana, il bigottismo luterano, ma soprattutto anticipava, mettendole alla berlina, quelle tendenze democratiche che volevano più spazio alle donne in ambito politico e più attenzione ai problemi ecologici. Questi aspetti sono presenti anche nel film, sia chiaro, dove sono edulcorati per renderli accettabili al grande pubblico; questo, tra i limiti dell’opera di McCarey, appare quello più lieve, perché gli spunti sono comunque presenti nel film. E poi il cinema aveva già sviluppato da tempo gli anticorpi per far fronte alla censura, assai più opprimente rispetto a quella presente in altri media, a partire dalla letteratura. Si trattava di sfruttare al meglio le molte armi che il media cinema offriva, le allusioni dialettiche o visive, i rimandi, le citazioni, per arrivare comunque a bersaglio.
Purtroppo McCarey, che a suo tempo si era dimostrato in grado di gestire il ventaglio di generi dal comico alla commedia, negli anni cinquanta aveva ormai perso lo smalto migliore e questo comincia ad essere un limite che tarpa le ali al suo lavoro. Non che la regia di Missili in giardino sia malfatta, sia chiaro; in generale è ben dosata, il che è anche un rischio, visto la natura dissacrante del soggetto. Ma poteva essere anche una scelta funzionale, posto di trovare la giusta alchimia; invece il pastiche orchestrato dal regista americano appare forzato in troppi elementi, dagli inserti in puro stile lapstick (Newman che si dondola aggrappato al lampadario, le risate troppo esagerate), alle scene apparentemente innocenti ma quasi oscene nella sala comando dei missili, fino al registro interpretativo dello stesso Newman. Paul Newman da grande attore qual era aveva nelle corde la commedia, ma forse non ancora in modo assoluto e forse su questo set non si trovava nelle condizioni circostanziali migliori.
Il bel Paul si era difatti appena sposato con Joanne Woodward, cooprotagonista del film, e questo era forse sembrata una bell’idea ai produttori, mettendo sulla scena una copia di sposi che lo erano anche nella vita privata. Peccato che il copione riservi la parte peggiore a Joanne, quella di Grace, una sciatta casalinga che, prole a parte, sembra unicamente interessata alla politica civica locale. Per esaltare questa assai poco appetibile figura femminile (che incarnava quel trend politicamente corretto femminista che ha raggiunto il suo apice ai giorni nostri), la storia prevede l’impari paragone con una bomba sexy come Joan Collins, nei panni di Angela, la vicina di casa trascurata dal marito. La Collins che, per inciso, è l’unica interprete a farci una bella figura nel film, sembra sinceramente divertita, dal ruolo che le spetta: si diverte a stuzzicare Harry (Newman) senza alcun pudore e, a fronte degli scrupoli dell’uomo, replica senza scomporsi: “di che ti preoccupi, siamo entrambi sposati, no?” come dire che il fatto di essere trascurati dai rispettivi partner giustificasse la scappatella. Il tono è leggero e l’attrice inglese è abilissima nel non eccedere in quelle caratteristiche aggressive, in materia sessuale, che la renderanno famosa ma che non erano affatto l’unico registro della diva. Anzi, uno degli aspetti più importanti delle doti recitative di Joan era una sorta di sottile verve divertita, in genere non colta da spettatori e critica, che permetteva all’attrice di interpretare la cattiva e di incassare le sconfitte senza veder minimamente alterato il proprio charme.
In Missili in giardino le sue avances cadono nel vuoto e, in fin dei conti, Harry la respinge; eppure la vediamo sorridente interrompere l’idillio romantico tra i piccioncini Harry e Grace, in verità assai posticcio, con una telefonata fatta dalla vasca da bagno nella quale la Collins ribadisce, non che ce ne fosse bisogno, il proprio fascino. Nel film, a fronte di un simile situazione, Newman (e forse anche la Woodward), non sembra altrettanto a suo agio. Il personaggio di Newman era scontento delle carenze affettive, diciamo così, della moglie; e fin qui, niente di male, si tratta di finzione, sebbene la consorte del film sia effettivamente la sua compagna. Ma quando si trova a dover dimostrare imbarazzo perché fatica a parare i colpi di Angela, molto più avvenente di Grace, Newman non sembra trovare il registro adeguato e si rifugia alzando i toni in modo quasi infantile e poco convincente.
In un certo senso l’attore si trovava a dover far passare il concetto che fosse in difficoltà perché tentato da una donna oggettivamente molto più bella della moglie; un discorso comprensibile, ma che forse diveniva scivoloso visto che l’impietoso confronto diretto coinvolgeva la vera moglie dell’attore. La Woodward, dal canto suo, sullo schermo funziona un po’ meglio anche se è irriconoscibile tanto è noiosa e sciatta; c’è la coerenza di una prova incolore per un personaggio incolore, ma questo non è di grande consolazione per lo spettacolo. Tra gli altri del cast, Jack Carson fa la parte dello stupido, in modo anche eccessivo, mentre Tuesday Weld, quindicenne, lascia intendere buone potenzialità, pur nell’esiguo spazio a disposizione e nel ruolo un po’ infantile. In sostanza, a parte la presa in giro dello zelante impegno politico civico femminile e qualche scenetta tra una Joan Collins divertita e sexy e un Paul Newman eccessivamente imbarazzato, rimane troppo poco per rendere davvero memorabile questo Missili in giardino.
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