561_LE SABBIE DEL KALAHARI (Sands of Kalahari); Regno Unito 1965. Regia di Cy Endfield.
Se date una scorsa al fondamentale sito IMBd (Internet Movie Data base) a proposito di
questo Le sabbie del Kalahri di Cy
Endfiled, probabilmente la cosa che vi salterà più all’occhio sono i nomi delle
star associate a questo film ma che poi non vi hanno preso parte. Innanzitutto
pare che gli attori principali dovessero essere Richard Burton e Elizabeth
Taylor; poi si fecero vari tentativi anche con Robert Mitchum, Carroll Baker,
Suzanna Leight, Lee J. Cobb, George Peppard per restare ai contatti più
concreti. Ma nessuno che accettava le offerte di Stanley Baker, il produttore
(oltre che attore protagonista del film): insomma, un fuggi fuggi generale. E’
un fatto curioso, perché, coi dovuti distinguo, è quello che accade ad uno dei
protagonisti del film, O’Brien, interpretato da Stuart Whitman. Tra l’altro, la
convinzione con cui O’ Brien, nel film, si sbarazza dei propri compagni di sventura, assomiglia anche alla
determinazione con cui proprio Whitman decise di restare nel film, a fronte
della pletoria di rifiuti. E, pur di farlo, visto che non gli piaceva il
personaggio che gli avevano proposto, pretese proprio quello di Stanley Baker.
Il quale, come detto essendo anche produttore dell’opera, e vedendo che le cose
nel casting non andavano troppo per il meglio, accettò lo scambio pur di
tenersi un attore come Whitman, comunque in grado di reggere di fisico, la scena principale. Come
accennato, O’ Brien, Mike (il personaggio di Baker) e altri sono compagni di sventura: precisamente dello schianto
con l’aereo sulle dune del deserto del Kalahari, nell’Africa meridionale. Una
bella sfortuna incappare in un gigantesco sciame di cavallette che, bloccando i
motori, aveva fatto precipitare il piccolo aereo capitanato da Sturdevan (Nigel
Davemport).
Oltre a questi tre, gli altri a bordo erano il copilota, che muore
nell’incidente, Grimmelman (Harry Andrews), il dottor Bondrachai (Theodore
Bikel) e una donna, Grace (Susannah York). Una sventura replicata anche fuori
dallo schermo, in questo caso non precedentemente, come per il casting, ma a
conti fatti: il film fu un fiasco e mise in seria difficoltà la carriera di
Baker. Con tutte questo avvisaglie di scarso auspicio, e con un’impostazione
forse troppo ambiziosa per le capacità di approfondimento del regista Cy
Endfield, era prevedibile un bilancio complessivamente negativo. Al contrario,
il film è nel suo insieme apprezzabile. Gran bell’avvio, con una preparazione
stringata che ci porta subito sopra il deserto africano a bordo del piccolo
veicolo; in breve la tensione cresce e fino allo schianto il film gira a mille.
I superstiti si organizzano, riescono, tra tante difficoltà, ad arrivare ad un
vecchio insediamento boscimani nelle cui vicinanze sono stanziati numerosi e
pericolosi babbuini. Nel gruppo emergono le differenti personalità: Stundervan,
il pilota, assume il ruolo di leader con prepotenza; il dottore Bondrachai è un
uomo saggio, di scienza; Grimmelman è un politico e non si inimica nessuno;
Mike sembra in gamba ma ha una gamba ferita e sta male; O’Brien è il
cacciatore; Grace è la preda. Stundervan prova a far valere i diritti di
capobranco su di lei, ma la passività della donna lo disgusta; si stabilirà
quindi il prevedibile legame tra O’Brien e Grace, cacciatore e preda. Mentre
tutti, chi più chi meno, cercano di salvarsi in senso collettivo, O’Brien
comincia a pianificare di sfoltire i ranghi per aumentare le possibilità di
sostentamento. E’ una teoria che utilizza anche esplicitamente nei confronti
degli altri primati che abitano l’area, i babbuini, che uccide semplicemente
per evitare che si nutrano dello stesso cibo, le scarse piante della zona,
necessario agli umani.
Se il pilota si lascia con relativa facilità convincere
ad inoltrarsi a piedi nel deserto per cercare aiuto, con altri del gruppo
O’Brien arriva addirittura ad eliminarli direttamente. Mike si è ripreso e
prova a far aprire agli occhi a Grace, attratta dalla forza maschia del
cacciatore. Il ritmo narrativo è scandito dai vari episodi, dalle informazioni
sulle popolazioni locali e le loro usanze, sulle abitudini dei babbuini, o
sulle inevitabili forzature tra i rapporti: non ci si annoia tant’è che le due
ore film si esauriscono quasi prima del previsto. E, mentre vediamo Mike e
Grace andarsene con l’elicottero del soccorso, ci si accorge che al film è
mancato il cuore. Cosa fa, ora, O’Brien, il cacciatore, che gira a petto nudo e
non si è voluto far trovare dai soccorritori? Ha ucciso in duello il leader dei
babbuini: è forse diventato il nuovo capo delle scimmie? I babbuini gli si
stringono intorno, per esaltarlo o per vendicare il vecchio capo? L’immagine
sfuma e il film finisce. Ma, in entrambi i casi, cosa sarebbe cambiato? L’uomo
è un primate tanto quanto il babbuino, d’accordo. Ma si possono fare confronti
tra uomo e uomo (Mike nel film li fa e lo spiega anche a Grace) e perché non si
dovrebbe potere fare tra individui di specie diverse ma tutto sommato
imparentate? Che O’Brien fosse un uomo rozzo, stolto, brutale, era evidente. Ma assimilandolo ai babbuini gli si fa un complimento immeritato.
Susannah York
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