558_DELITTO E CASTIGO ; Italia 1983. Regia di Mario Missiroli.
Però,
passato lo choc (che anche se la trama è risaputa è comunque d’urto), quando la
storia deve lavorarsi lo spettatore,
tra le sue pieghe emergono le scelte stilistiche di Mario Missiroli e qualche
perplessità comincia a farsi strada. L’idea dell’uso del colore per realizzare
una sorta di dipinto, più che una rappresentazione realistica, è buona; così come
sembrano funzionali alcune scelte surreali, del resto quello di Dostoevskij
potrebbe benissimo essere un incubo e, quindi, al cinema o in TV, un horror. Ma il ricorrere ad una messa in
scena completamente teatrale, girata interamente in studio, per creare
un’atmosfera angosciante non paga.
Una certa impostazione scenografica
artefatta era per altro tipica negli sceneggiati ma, a suo tempo, la cosa non
veniva ostentata, essendo un limite; Missiroli la ritiene invece un utile
strumento per non dare via di scampo ai personaggi e poterne approfondire le
psicologie. Ma l’operazione frana proprio sulle prestazioni degli interpreti.
Nello sceneggiato tipico una certa enfasi di stampo teatrale era necessaria,
per distogliere l’attenzione dalle ambientazioni poco realistiche: ma
occorrevano prestazioni eccellenti, in grado di tenere un registro tarato in eccesso ma senza perdere
credibilità. Qui la situazione è più complessa, perché il romanzo di Dostoevskij
è certamente ostico da trasporre sul video e Missiroli, nel tentativo di
vincere la sfida, alza la posta, con una scelta stilistica più azzardata del
solito. Sarebbe occorsa una superba alchimia recitativa nelle interpretazioni e
chissà, forse la cosa poteva funzionare. Ma quell’alchimia né Mattia Sbragia,
nel ruolo di Raskòl'nikov, né i suoi compagni d’avventura, la riusciranno a
trovare. Del resto, nel 1983, lo sceneggiato televisivo italiano aveva fatto il
suo tempo.
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