546_GLI EROI DEL PACIFICO (Back to Bataan); Stati Uniti 1945. Regia di Edward Dmytryk.
La cosa fu notata anche a Washington, tanto che venne
istituito un ufficio (il BMP, Bureau of Motion Pictures) per cercare di smorzare gli eccessi di
razzismo che dilagavano nei film bellici: in fondo l’America si professava
antirazzista, contava su una popolazione multietnica e necessitava
dell’appoggio di alleati nell’area del Pacifico dove divampava il conflitto.
Anche Gli eroi del Pacifico ricalca
grosso modo la risposta che Hollywood diede a questo lavoro di mediazione del
BMP: i soldati giapponesi sono comunque mostrati crudeli e spietati (come del
resto furono storicamente), ma senza indugiare e infierire eccessivamente sulle
loro caratteristiche fisiche e morali.
Evidentemente più di questo, ovvero una
maggiore considerazione dell’altro,
del nemico inteso come uomo esattamente come noi soltanto schierato dalla parte
avversa, agli americani proprio non riusciva, soprattutto dopo Pearl Harbor e
anche alla luce dell’estrema crudeltà che distinse i militari giapponesi
impegnati nel conflitto. In fondo la guerra non era ancora finita, e questo va
ricordato se quello di Dmytryk, come del resto anche altri film del tempo, può
sembrare un tantino fazioso. Come si diceva, piuttosto, Gli eroi del Pacifico è da lodare per il ruolo riservato ai
filippini, che possono ritenersi di diritto gli eroi del titolo italiano. Anche
se, come da copione, il protagonista eroico è un attore yankee, nientemeno che
John Wayne, nel ruolo del colonnello Madden. A contendergli la scena, se non a
rubargliela almeno in parte, è però Anthony Quinn, che interpreta il capitano
Bonifacio, illustre comandante della resistenza filippina.
Quinn era di origine è
messicana, e quindi appartenente ad una minoranza etnica negli Stati Uniti e,
fino ad allora, non aveva ancora avuto grandissimo rilievo ad Hollywood. In Gli eroi del Pacifico gli spetta un
ruolo importante, certamente più di spessore rispetto a quello del Duca, che
invece interpreta il suo solito eroico yankee tutto d’un pezzo. A Bonifacio,
Quinn conferisce i dubbi, i tormenti, che l’attore riusciva sempre ad esprimere
in modo mirabile, in questo caso legati alla condizione disperata della
popolazione filippina, ma anche alla storia privata del personaggio
interpretato. La sua fidanzata, la bella Delisay (Fely Franquelli) era infatti divenuta
attivista della propaganda antiamericana, addirittura la speaker di Radio
Manila che incitava i filippini ad arrendersi ai giapponesi. Abbandonati dagli
americani, (John Wayne a parte, naturalmente), decimati dalla crudeltà dei
giapponesi, traditi da alcuni compatrioti, per Bonifacio e i suoi le cose erano
davvero messe male. Ma Delisay faceva solo il doppio gioco e, se avessimo visto il film in lingua
originale, avremmo potuto capire già dal titolo Back to Bataan (Ritorno a
Bataan) che gli americani sarebbero prima o poi tornati (per la precisione con
venti minuti in ritardo, fa notare il colonnello Madden) a liberare le
Filippine. Non quindi arrivano i nostri,
ma piuttosto ritornano i nostri, con
gli americani nel ruolo dei buoni che
per qualche decennio interpreteranno ancora convintamente e convincentemente.
Fely Franquelli
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