552_INCANTESIMO (Holiday); Stati Uniti 1938. Regia di George Cukor.
In genere ci si lamenta degli inopportuni cambi di titolo
che i nostri produttori hanno troppo spesso l’abitudine di imporre ai film
stranieri. E non è che, in questo caso, Incantesimo
sembri troppo appropriato a quello che vediamo sullo schermo ma, almeno, ci
offre una sponda interpretativa per un aspetto inconsueto dell’opera in
questione. Incantesimo è infatti un
film del 1938, per la regia di George Cukor, che uscì perciò nelle sale nel
periodo di poco successivo alla Grande
Depressione; l’opera teatrale alla sua origine, Holiday (titolo originale anche del film), di Philip Barry, risaliva
invece a dieci anni prima, l’apice dei ruggenti
anni venti. E, quindi, l’impressione che deve aver fatto vedere i
protagonisti del film con atteggiamenti ormai fuori dal tempo può ben essere
paragonata appunto ad un Incantesimo.
Il protagonista maschile della storia, John Case (un John a caso, quindi) brillantemente
interpretato da Cary Grant, è un arrampicatore sociale che sta facendo soldi e
carriera e si innamora di una ricca rampolla della borghesia aristocraticizzata americana. Che non è Katharine Hepburn;
lei è, Linda, la sorella della rampolla in questione, ovvero quella che
scombinerà, come prevedibile, la storia sentimentale originaria. Insomma, John
vuole sposare Julia Seton (Doris Nolan) ma, in un’epoca in cui il denaro sta
celebrando il suo status di nuovo dio nella nazione americana, non è che si possa
concedere la mano di una ricca futura ereditiera al primo pur volenteroso e
danaroso giovanotto che il caso ci
presenta. L’establishment borghese
americano aveva ormai raggiunto la supponente arroganza della nobiltà del
vecchio mondo ed entrare a farne parte non era cosa così scontata. Questo fino
al 1929.
La crisi diede una bella spazzolata a quel bel mondo, visto che molti ricchi si trovarono in mutande dalla
sera alla mattina mentre, con le successive riprese economiche, nuovi facoltosi
poterono approfittare delle situazione maturata per intraprendere la scalata
sociale. L’impostazione dell’opera, quindi, verte su presupposti che nel 1938
erano radicalmente mutati, sebbene dalla prospettiva dei giorni nostri tutto
questo può sembrare poco significativo. Rimane, però, la capacità registica di
Cukor che tratteggia la sua storia in modo ovattato e garbato, tanto che
perfino la Hepburn
rimane confinata in un’inconsueta discrezione. Figurativamente questo avviene anche
con la rinuncia, da parte di Linda, ovvero il suo personaggio, di prendere
parte alla festa di capodanno nella sontuosa Residenza Seton dove si annuncerà la
data del giorno delle nozze tra John e Julia. Ma, pur standosene rinchiusa nel
sobrio appartamento al quarto piano, Linda riuscirà a mandare a gambe all’aria
i piani alla sorella, seppure in modo discreto e non del tutto consapevole (il Cukor’s touch). John, infatti, finirà da
sé per rendersi conto che le sue idee sul denaro, importante ma non così
fondamentale, se non collimano per nulla con Julia e il suo mondo, trovano in
Linda la sponda perfetta. Ma con la
Hepburn e Grant sullo schermo, soltanto pochi mesi dopo Susanna! (1938, regia di Howard Hawks), non
è che ci potesse aspettare un finale diverso.
Doris Nolan
Katharine Hepburn
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