124_LA SCALA A CHIOCCIOLA (The spiral staircase). Stati Uniti, 1945; Regia di Robert Siodmak.
Il regista tedesco Robert Siodmak mette subito le
cose in chiaro: sebbene La scala a
chiocciola sia un film sonoro e hollywoodiano, egli intende trattare
l’adattamento del romanzo Some must watch
di Ethel Lina White, come avrebbe fatto nella sua Germania ai tempi
dell’Espressionismo. Questo genere cinematografico si contraddistingueva per
l’uso autorevole della luce e delle inquadrature da parte degli autori, mentre gli interpreti
spesso enfatizzavano le espressioni, da un lato per superare i limiti del cinema muto e dall'altro per sottolineare
le tematiche tipiche di quell’angosciante periodo storico. Siodmak recupera
questo sapere e lo piega ad una storia prettamente di genere, una storia
dell’orrore, che parla di un omicida che prende di mira ragazze indifese. Il
riferimento al cinema muto è esplicitato in occasione del primo omicidio
mostrato nel film, reso in modo magistrale tramite un montaggio alternato tra
le scene sullo e fuori lo schermo. Ma per tutto il film l’uso delle immagini è
particolarmente audace ed efficace, come nelle sequenze che, zoomando sull’occhio, si perdono nella
pupilla del criminale. Sequenza di notevole impatto è anche quella del sogno
del matrimonio di Elena (Dorothy McGuire), la ragazza protagonista che,
particolare cruciale, ha perso la parola in seguito ad uno choc; sempre a
proposito di Elena, davvero efficace anche la scena in cui si vede il riflesso
di lei con la bocca cancellata, a sottolineare il suo handicap. La cosa è
particolarmente rilevante in quanto tutte le ragazze vittime del mostro hanno
qualche difetto fisico (per dirla brevemente
in politically incorrect): chi cieca,
chi zoppa, e il fatto che Elena sia muta la pone subito come potenziale
vittima.
Il titolo La
scala a chiocciola si riferisce alla magione in cui, incipit a parte, è
ambientata la vicenda: la casa è strutturata su tre livelli che, volendo,
possono rendere l’idea della mente umana secondo l’approccio psicanalitico, più
volte richiamato nel film visto l’argomento trattato. La cantina, il piano
inferiore, è l’Es, il livello
inconscio della psiche umana, quello dove albergano le pulsioni più oscure e
dove, non a caso, viene uccisa Bianca (una sontuosa Rhonda Fleming). Il piano
terra è il nostro Io, il punto di
mediazione tra l’Es e la realtà che
ci circonda: qui troviamo i due fratellastri Warren, il professore Alberto
(George Brent) e Stefano (Gordon Oliver), deboli e opportunisti, ma anche il
personale di servizio, ossia gente del tutto ordinaria. Al piano superiore c’è
la matriarca, la signora Warren, donna forte e dominante nonostante l’età la
costringa a rimanere allettata: la sua forza e la sua dirittura morale, la
pongono come valido esempio del superio
usato in psicanalisi.
E sarà infatti lei, Mrs Warren a punire il
colpevole, sulla scala a chiocciola, che è importante in quanto punto di
contatto tra le parti che compongono la mente umana. Questo utilizzo simbolico
delle cose è tipico della scuola tedesca ma, con questa sua opera, Siodmak rivela
che questo stile usato senza parsimonia ma, al contrario, con consapevole audacia, permette
al cinema di genere americano di ridefinire
in meglio i propri stilemi. Per far questo, fondamentale l’apporto di Nicholas
Musuraca, direttore della fotografia di provata esperienza che, dipingendo il
suo bianco e nero, trasforma una lussuosa magione in una dimora da incubo.
L’occhio di Siodmak, l’occhio dell’assassino del film, ci scruta e ci ricorda
che, anche nei nostri migliori sogni (la casa lussuosa, il matrimonio felice)
può esserci sempre un lato oscuro in agguato: e se può essere quello di un
distinto signore, può anche essere il nostro.
Dorothy McGuire
Rhonda Fleming
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