130_LE JENE DI CHICAGO (The narrow margin). Stati Uniti, 1952; Regia di Richard Fleischer
Con pochi anni di carriera alle spalle, il
trentaseienne Richard Fleischer può già essere considerato un esperto del
genere noir: Bersaglio umano, Seguimi in silenzio, Sterminate la gang! Dopo questi già validi
tre titoli, arriva la definitiva consacrazione con Le jene di Chicago: film teso e avvincente, fila dritto come il
treno su cui è in gran parte ambientata la storia. Gli sviluppi della trama
corrono anche loro dannatamente e si fatica a tenere il passo: siamo
inevitabilmente in ritardo, anche rispetto al protagonista, il detective Walter
Brown (Charles McGraw), che si accorge prima di noi dell’equivoco da lui stesso
generato e che mette in pericolo Mrs Ann Sinclair (Jaqueline White). Ma del
resto lo dice la stessa donna al detective: quando il treno marcia spedito è arduo capire come realmente stiano le cose, che invece si chiariscono meglio
durante le soste. Nel film di Fleischer, però, di soste ce ne sono poche, e
quindi siamo in costante affanno, divisi tra la paura di quello che può
accadere alla ragazza che il detective deve proteggere, Frankie Neal (una
sinuosa Marie Windsor) e il dubbio se valga la pena darsi tanto da fare per un
tipo di donna “a buon mercato, volgare,
vistosa e perfida come una vipera”, per usare le stesse parole del
detective.
Una donna che non vale i 5 dollari della scommessa
fatta con il collega poliziotto; figuriamoci la vita dello stesso compagno che
viene ucciso appena presa in consegna la preziosa testimone. Già, perché
Frankie è la vedova di un gangster e deve ora testimoniare a processo
rivelando i membri della gang del marito. Ma le cose non sono come sembrano,
non sul treno di Le jene di Chicago:
il viaggiatore grasso, non è solo un comune passeggero, il bambino non è figlio
di Nanny, che è la sua governante, ma di Mrs Ann che, a sua volta, non è una semplice donna
in viaggio di piacere: insomma, più ci si avvicina alla meta, più ci si accorge
che quanto si supponeva era sbagliato. Del resto anche il film si risolve con
il detective che riesce a fregare il
gangster (che tiene Mrs Sinclair in ostaggio) guardandone il riflesso: insomma,
per capire le cose non basta guardarle direttamente, occorre un sguardo di
lato, riflesso appunto.
E poi c’è l’oggetto della storia, la ragazza presa in
custodia (e che è la protagonista passiva
della vicenda, ovvero colei che viene presa in consegna, custodita e consegnata)
che solo dopo essere uccisa si rivela completamente l’opposto di quanto apparsa
ad un primo sguardo. Anzi, nel suo caso l’apparenza ingannò due volte: Frankie
Neal non solo non era la moglie di un gangster, ma era addirittura una poliziotta che indagava sulla
corruzione nella stessa polizia.
E comunque valeva molto di più di 5 dollari.
Marie Windsor
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