136_SHALAKO Germania Occidentale, Regno Unito, 1968; Regia di Edward Dmytryk.
Il regista di origine ucraina Edward Dmytryk conosce il mestiere
e conosce in particolare il genere western (La
lancia che uccide, Ultima notte a
Warlock) ma il suo stato di grazia sembra essere legato all’epoca classica di
Hollywood, dagli anni quaranta fino a tutto il decennio successivo. Il genere western sul finire
degli anni sessanta è ormai cambiato e anche Dmytryk prova ad aggiornarsi per
girare questo suo Shalako, film non
proprio completamente riuscito. L’opera non è totalmente disprezzabile ma, pur
avendo svariati e anche validi ingredienti, la sua miscela finale non convince.
L’ambientazione crepuscolare, ormai consolidata nei codici del genere, c’è; lo
spunto per la trama anche, con il gruppo di europei che sconfina in territorio
apache per cacciare, mettendo a rischio la propria pelle e la stabilità della
pace nella regione. Forse è proprio il cast, a non funzionare; e questo nonostante i
tanti attori di richiamo assoluto. Ma, per cominciare, Sean Connery non è molto
credibile nei panni di uomo del west. E’ evidente che tutti se lo figurano con
lo smoking da Agente Segreto 007 appena lo vedono sullo schermo e, semmai
questo non accadesse, non aiuta certo la presenza di Honor Blackman (che fu una
delle più famose bond-girls della storia, la mitica Pussy Galore). Va beh, va
riconosciuto che almeno la
Blackman recita bene la sua parte, torbida come da copione
western crepuscolare; in modo forse anche eccessivo. In ogni caso anche lei
contribuisce a rendere una sensazione di estraneità al genere.
Poi naturalmente c’è Brigitte Bardot, che è una
tale icona da essere difficilmente piegata agli stilemi di un genere
cinematografico così specifico come il tardo-western. Per altro la sua entrata
in scena, in completo nero con un cappello a tuba, è uno dei passaggi migliori
del film. La presenza scenica della Bardot è notevole, ma contribuisce
anch’essa a creare un senso di spaesamento rispetto ad un tipico western,
impressione accentuata anche dai nobili europei inseriti nella trama. A conti
fatti questa potrebbe essere anche l’intenzione di Dmytryk: creare cioè un
clima estraneo al genere pur in un contesto apparentemente all’interno agli
abituali canoni. L’utilizzo di icone degli anni 60 (Connery/James Bond, la
divina BB, la bond-girl) potrebbe quindi essere un tentativo per attualizzare
il genere. Sia come sia, il tutto fatica a girare per il verso giusto.
Honor Blackman
Brigitte Bardot
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