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venerdì 25 settembre 2020

DIO PERDONA... IO NO!

640_DIO PERDONA... IO NO! ; Italia, Spagna1967. Regia di Giuseppe Colizzi.

Giuseppe Colizzi scrive soggetto, sceneggiatura e dirige Dio perdona… io no! con cui inaugura una trilogia sul modello di quella leoniana (Per un pugno di dollari e seguenti) che fu il riferimento per tutto il western all’italiana. I debiti verso i capolavori di Sergio Leone sono evidenti e nemmeno troppo mascherati: dalla figura del protagonista, Doc, al triello finale, i rimandi sono espliciti e dichiarati. Doc è interpretato da Terence Hill, che ricalca stile e atteggiamenti di Clint Eastwood in modo mimetico, finanche eccessivo. Sempre restando sulla falsariga delle opere di Leone, i personaggi hanno una loro caratterizzazione musicale: classica quella per Doc, quasi una marcetta da film comico per Hutch. E proprio nella scelta dei personaggi Colizzi introduce però una novità di rilievo nel genere sebbene, probabilmente, senza capire la portata che la cosa avrà in seguito: Dio perdona… io no! passa infatti alla storia (del cinema) come il primo film della coppia Terence Hill e Bud Spencer, che spopolerà nei vent’anni successivi. Nonostante i personaggi di rilievo siano tre, Doc (Hill, come abbiamo visto), Hutch Bessy (Bud Spencer) e Sant’Antonio (Frank Wolf), è evidente che il terzo è semplicemente il cattivo di turno, mentre l’importanza dei primi due è certificata dal ritorno nei successivi capitoli della trilogia (I quattro dell’Ave Maria e La collina degli stivali). Se Doc è certamente il fulcro centrale della storia, Hutch può essere degnamente considerato la sua spalla e non un comprimario qualsiasi: la coppia Spencer & Hill può quindi ritenersi già ben funzionante sin da questo esordio. 

Proprio l’idea di creare una coppia di personaggi fissi, rimanda da un lato alla commedia (Stanlio e Ollio tanto per fare un nome, sebbene non manchino coppie anche nei film western, sia chiaro) ma anche a quel mondo del fumetto sempre richiamato in un modo o nell’altro dal western all’italiana. Psicologie e comportamenti dei personaggi sono infatti stereotipati proprio come nel mondo delle nuvole parlanti, e la cosa in effetti è curiosa essendo, in genere, i fumetti western fortemente debitori verso i film western classici, quelli con John Wayne e compagnia; in questo modo il cerchio, in un certo senso, si chiude con il ritorno alla pellicola. Colizzi però, forse bisognerebbe dire per fortuna, non coglie l’enorme potenziale comico del duo Spencer & Hill, e produce un film con un clima serio, la cui ironia diffusa serve tutt’al più a disinnescare la violenza eccessiva e quasi surreale. 

La scena iniziale, con l’arrivo del treno pieno di morti massacrati è pesante nonostante mostri gli effetti della violenza e non la scena dell’azione: si tratta, comunque, di una sequenza efficace ma in fondo poco realistica proprio per il ricercato effetto enfatico. Se la violenza nelle sparatorie o nelle scazzottate è eccessiva, come da prassi negli spaghetti, il tema del gioco, presente anche nella trilogia di Sergio Leone, ritorna ma Colizzi sembra quasi cercare di contenerne la matrice infantile. Doc, infatti, è sì dedito al gioco, ma si tratta più che altro di Poker, un gioco d’azzardo, per adulti e molto pericoloso; volendo, può ascriversi al tema anche il suo giocherellare con il cigarillo, ripreso anche da Hutch. Ma anche il fumo è un vizio, un piacere, per adulti, e quindi Colizzi, che inventa la coppia comica del cinema western all’italiana (i Trinità e Bambino di Lo chiamavano Trinità, 1970), al contrario del film di E.B. Clucher li utilizza in un contesto prettamente serio e adulto. E questo fatto (e qui sta la fortuna di cui si accennava) ha permesso al genere di prosperare qualche anno in più, perché i film di Trinità seppelliranno (con una risata) gli spaghetti, salvo sporadiche eccezioni. In ogni caso Colizzi che, come abbiamo visto, cura anche tutta quanta la scrittura del film, tiene botta, e il suo  Dio perdona… io no! è efficace (quasi) quanto il sorprendete titolo.  








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