640_DIO PERDONA... IO NO! ; Italia, Spagna1967. Regia di Giuseppe Colizzi.
Giuseppe Colizzi scrive soggetto, sceneggiatura e dirige
Dio perdona… io no! con cui inaugura una
trilogia sul modello di quella
leoniana (
Per un pugno di dollari e seguenti) che
fu il riferimento per tutto il western all’italiana. I debiti verso i
capolavori di Sergio Leone sono evidenti e nemmeno troppo mascherati: dalla
figura del protagonista, Doc, al
triello finale, i rimandi sono espliciti e
dichiarati. Doc è interpretato da Terence Hill, che ricalca stile e
atteggiamenti di Clint Eastwood in modo mimetico, finanche eccessivo. Sempre
restando sulla falsariga delle opere di Leone, i personaggi hanno una loro
caratterizzazione musicale: classica quella per Doc, quasi una
marcetta da film comico per Hutch. E proprio
nella scelta dei personaggi Colizzi introduce però una novità di rilievo nel
genere sebbene, probabilmente, senza capire la portata che la cosa avrà in
seguito:
Dio perdona… io no! passa
infatti alla storia (del cinema) come il primo film della coppia Terence Hill e
Bud Spencer, che spopolerà nei vent’anni successivi. Nonostante i personaggi di
rilievo siano tre, Doc (Hill, come abbiamo visto), Hutch Bessy (Bud Spencer) e
Sant’Antonio (Frank Wolf), è evidente che il terzo è semplicemente il
cattivo di turno, mentre l’importanza dei
primi due è certificata dal ritorno nei successivi capitoli della trilogia (
I quattro dell’Ave Maria e
La collina degli stivali). Se Doc è
certamente il fulcro centrale della storia, Hutch può essere degnamente considerato
la sua spalla e non un comprimario qualsiasi: la coppia Spencer & Hill può
quindi ritenersi già ben funzionante sin da questo esordio.
Proprio l’idea di
creare una coppia di personaggi fissi, rimanda da un lato alla commedia (
Stanlio e Ollio tanto per fare un nome,
sebbene non manchino coppie anche nei film western, sia chiaro) ma anche
a quel mondo del fumetto sempre richiamato in un modo o nell’altro dal western
all’italiana. Psicologie e comportamenti dei personaggi sono infatti
stereotipati proprio come nel mondo delle nuvole parlanti, e la cosa in effetti
è curiosa essendo, in genere, i fumetti western fortemente debitori verso i
film
western classici, quelli con John Wayne e compagnia; in questo modo il cerchio, in
un certo senso, si chiude con il
ritorno
alla pellicola. Colizzi però, forse bisognerebbe dire
per fortuna, non coglie l’enorme potenziale comico del duo Spencer
& Hill, e produce un film con un clima serio, la cui ironia diffusa serve
tutt’al più a disinnescare la violenza eccessiva e quasi surreale.
La scena
iniziale, con l’arrivo del treno pieno di morti massacrati è pesante nonostante
mostri gli effetti della violenza e non la scena dell’azione: si tratta,
comunque, di una sequenza efficace ma in fondo poco realistica proprio per il
ricercato effetto enfatico. Se la violenza nelle sparatorie o nelle scazzottate
è eccessiva, come da prassi negli
spaghetti,
il tema del gioco, presente anche nella trilogia di Sergio Leone, ritorna ma
Colizzi sembra quasi cercare di contenerne la matrice infantile. Doc, infatti,
è sì dedito al gioco, ma si tratta più che altro di Poker, un gioco d’azzardo,
per adulti e molto pericoloso; volendo, può ascriversi al tema
anche il suo
giocherellare con il cigarillo,
ripreso anche da Hutch. Ma anche il fumo è un vizio, un piacere, per adulti, e quindi Colizzi,
che inventa la coppia comica del cinema western all’italiana (i Trinità e
Bambino di Lo chiamavano Trinità, 1970), al contrario del film di E.B.
Clucher li utilizza in un contesto prettamente serio e adulto. E questo
fatto (e qui sta la fortuna di cui si accennava) ha permesso al genere di
prosperare qualche anno in più, perché i film di Trinità seppelliranno (con una
risata) gli spaghetti, salvo sporadiche eccezioni. In ogni
caso Colizzi che, come abbiamo visto, cura anche tutta quanta la scrittura del
film, tiene botta, e il suo Dio perdona… io no! è
efficace (quasi) quanto il sorprendete titolo.
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