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domenica 6 settembre 2020

LA COSTOLA DI ADAMO

628_LA COSTOLA DI ADAMO (Adam's Rib); Stati Uniti, 1949. Regia di George Cukor.

Pare che Spencer Tracy, almeno stando alle parole del regista George Cukor (On Cukor di Gavin Lambert, 1972), non partecipasse alle riunioni per preparare La costola di Adamo, nonostante fosse l’attore principale. Il che potrebbe anche essere normale, in fondo è l’attore, mica il regista o uno degli sceneggiatori. Ma non se Katharine Hepburn, la protagonista femminile, al contrario vi si univa, e costituiva, insieme al regista e appunto alla coppia di sceneggiatori, un quartetto un po’ sbilanciato. La costola di Adamo è, come intuibile già dal titolo, un film che si confronta sul ruolo della donna: a preparare il terreno sono quindi una delle due coppie importanti dell’operazione, quella degli sceneggiatori, Ruth Gordon e Garson Kanin, che erano moglie e marito, unitamente al regista delle donne, alias George Cukor, e alla Heburn, rappresentante del gentil sesso nella coppia di attori protagonisti, anche in quel caso marito e moglie nella vita di tutti i giorni. Come detto, almeno stando alle premesse, si tratta di un pool di autori un poco sbilanciato a favore del personaggio femminile della storia, considerato la vocazione del regista di origine ungherese nel merito. Il film ha quindi, già nella sua genesi, una serie di sovrapposizioni di coppie: sono una coppia dalla duplice valenza (professionale e privata) gli scrittori, a cui si aggiunge una coppia professionale (Cukor e la Hepburn) in fase di progettazione e un’altra coppia (Hepburn e Tracy) infine sullo schermo (anche in questo caso dal duplice senso, sia professionale che privato). Come suo solito, Tracy non dovette curarsi molto di quello che gli succedeva intorno, del minuzioso gioco che i quattro avevano organizzato, per così dire, alle sue spalle, ma vi si infilò con la solita cocciuta testardaggine. 

In effetti se c’è una critica che è possibile muovere a La costola di Adamo, film per altro impeccabile nella sua confezione formale, è che la trappola intessuta per mostrare le ragioni di Eva, pardon Amanda (così si chiama il personaggio della Hepburn) è troppo di parte, e Tracy (Adam Bonner, nel film) poi ci mette del suo caricando a testa bassa, quasi a compiacere l’amata (Amanda, appunto) consorte. Peccato, perché l’attenzione ai dettagli, anche a quelli secondari, la capacità registica puntuale di Cukor, anche nelle lunghe e inusuali sequenze praticamente senza montaggio, la verve degli attori, sono certamente degni di un capolavoro. Ma si eccede forse in una sorta di formalismo fazioso, nel senso di tendere la coperta troppo da una parte sola e farlo in modo fin troppo ben orchestrato. Perché poi, sarà un caso, ma il tema della sovrapposizione di coppie ritorna anche nella storia, con Doris (Judy Halliday) che vuole uccidere il marito Warren (Tom Ewell) fedifrago (e quindi ulteriormente accoppiato). Questa coppia viene poi, in un certo senso, rappresentata in tribunale, con Adam a sostenere l’accusa contro Doris e Amanda a difenderla. I prevedibili battibecchi coniugali assurgono qui a dibattito processuale e Cukor sembra sguazzare nella presa in giro della situazione che ha dei prevedibili effetti comicamente imbarazzanti, ma quasi esclusivamente a senso unico. Comunque, se si riesce a sopportare il leggero fastidio di una storia completamente vista da un’unica prospettiva, sarete ripagati da un film stilisticamente sopraffino.  







Katharine Hepburn



Judy Holliday


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