642_IL GENERALE DELLA ROVERE . Italia, Francia; 1959. Regia di Roberto Rossellini.
Dopo la parentesi indiana, Roberto Rossellini rientra in
Italia e, con Il generale della Rovere, vince
il Leone D'oro 1959 (ex-aequo con La
Grande Guerra di Monicelli). Un ritorno col botto,
insomma. Il film è ben diretto e ben fotografato, Rossellini dirige con mano
sicura, facendo ricorso alla sua rinomata capacità registica. Dal punto di
vista interpretativo, Vittorio De Sica mantiene un registro contenuto: il suo
personaggio è il Della Rovere del titolo, ovvero Emanuele Bardone, un
imbroglione napoletano che viene opportunamente spacciato dai tedeschi per il
generale badogliano che dà il titolo
all’opera. Nella prima metà del lungometraggio, nei suoi reali panni di
Bardone, assistiamo ai suoi viscidi loschi affari ai danni dei poveri parenti
degli uomini catturati dai tedeschi e, per la verità, la cosa alla lunga viene
anche un po' a noia (per non dire nausea). Ma si tratta, evidentemente, di uno
scotto da pagare per rendere al meglio l'idea di un personaggio di un
opportunismo vile ai limiti (o forse oltre) dello sciacallaggio. Finalmente si
arriva alla parte ambientata nella prigione di San Vittore, interessante anche
da un punto di vista storico-architettonico.
I tedeschi, d'accordo con lo stesso Bardone, che è stato scoperto e
imprigionato, lo rinchiudono spacciandolo per il generale Della Rovere, nella
speranza che il capo dei partigiani si metta in contatto con lui. In sostanza
gli viene prospettata la libertà, con l’aggiunta di una cospicua somma di
denaro, in cambio di un lavoro spionistico. La trama si fa quindi interessante,
per cui si può ben dire che Il generale
Della Rovere sia un film sorretto da una scrittura di ottimo livello.
D’altronde,
alla base del film c'è un romanzo di Indro Montanelli, in parte autobiografico,
che collabora anche alla realizzazione di soggetto e sceneggiatura. E sapendo
Montanelli alla base dell'opera, la svolta finale diventa anche prevedibile,
tanto che verrebbe da pensare che Il
generale Della Rovere sia un film dove l'influenza del giornalista è più
importante rispetto a quella di Rossellini; perlomeno del Rossellini del 1959.
Infatti, il regista, sembra quasi adagiarsi sulla propria fama ancora in parte
legata alla trilogia antifascista di oltre dieci anni precedente; e, a dirla
onestamente, sembra proprio che il regista romano diriga un po' di maniera,
senza eccessiva partecipazione. In ogni caso, con uno spunto eroico, il
malandrino Bardone, a furia di spacciarsi per l’impavido generale, finisce per
voler fare davvero l’eroe e sceglie di non rivelare il nome del capo dei
partigiani e di farsi fucilare insieme ai compagni di cella. Un finale
enfatico, quasi d'annunziano, ma forse un po' fuori tempo quando ormai si era
all'alba degli anni sessanta, e le macerie, anche morali, della guerra
avrebbero dovuto essere superate. Avrebbero.
Sandra Milo
Anne Vernon
Giovanna Ralli
Nessun commento:
Posta un commento