Translate

venerdì 23 agosto 2019

RAPPORTI PREFABBRICATI

399_RAPPORTI PREFABBRICATI (Panelkapcsolat); Ungheria 1982Regia di Bela Tarr.

Primo film del regista ungherese Béla Tarr girato con attori professionisti, Rapporti prefabbricati si presenta, formalmente, come un’opera più canonica e meno sperimentale rispetto ai precedenti. Il ritorno al bianco e nero, dopo la parentesi del secondo film L’outsider, sembra essere anch’essa una scelta autoriale, così come il ricorso a veri attori per realizzare un’opera meno spontanea e più artificiosa, nel senso di più cinematografica, e quindi anche più universale. Ora, guardando il suo film, non lo si ringrazia più per averci fornito un quadro desolante della realtà ungherese di fine secolo, ma ci si rende conto che i profondi disagi della famiglia mostrata nella pellicola, non ci sono poi così alieni. L’opera riprende lo stile documentaristico dei lavori degli esordi, e insiste nei primissimi piani, nei dialoghi colloquiali, tra un uomo (Ròbert Koltai) e sua moglie (Judit Pogàny) in apatica e disperata crisi coniugale. Dopo un incipit sulle case dormitorio, sulle cui finestre si affacciano volti perlopiù di bambini, il film si apre con la scena di Robert che arriva a casa per lasciarla definitivamente, mandando nello sconcerto la moglie. Da qui in poi parte un lungo flashback, che mostra i trascorsi precedenti al traumatico distacco dell’uomo: la perdurante crisi interna alla coppia, la donna che si lamenta della condizione di casalinga con due figli, l’uomo che pensa al football, alla televisione, e soprattutto alla birra. 
Certo, l’ambientazione, lo stile di vita, le ambizioni consumistiche (l’automobile) sono diverse dalle nostre, anche riferite allo stesso periodo storico, ma soltanto nella portata: il concetto è lo stesso, si ricerca nei miglioramenti delle condizioni materiali, una risposta ai problemi di convivenza e sopravvivenza. E, come da noi, anche nell’Ungheria di Tarr è la donna a soffrire maggiormente il disagio della coppia, mentre l’uomo per questo problema trova più facilmente la scappatoia, spesso ammantata anche di buone intenzioni. Come rappresenta la proposta di lasciare l’intero stipendio raddoppiato alla moglie, a patto di potersene andare un paio d’anni lontano dalla prigione famigliare. Drammatica, e anche in questo caso onestamente veritiera anche per i nostri lidi, è poi la questione legata ai figli, dove i bambini sono visti più che altro come un impiccio, un impegno troppo gravoso per le misere forze di una coppia di adulti fondamentalmente immaturi. 
A fronte di una situazione tanto disperata, i nostri cercano, in qualche caso, anche di spassarsela un poco, ad una festa dove si possa ballare; ma se questo è possibile per l'uomo, anche grazie all’aiuto dell’alcool, la moglie rimane invece in costante stato di insoddisfazione e sofferenza. Insoddisfazione da parte di lei, mancanza di stimoli da parte di lui, i due moti arrivano fino al letto coniugale, sancendo la definitiva crisi anche affettiva della coppia. Si ritorna quindi al punto di partenza, con la chiusura del flashback, e con Ròbert che rientra a casa per fare la valigia e andarsene, forse per sempre, forse per quei due anni di lavoro all’estero. Qui c’è però un passaggio decisivo: perché la scena apparentemente è la stessa, ma in realtà è differente. 
Il che ci pone di fronte ad alcuni dubbi, che confermano la matrice prettamente cinematografica dell’operato di Tarr in quest’occasione. Perché girare la stessa scena in modo diverso? Che non sia, forse, la stessa scena? Che non si tratti, quindi, di un flashback, ma di una situazione che si ripete nel tempo, a dimostrare, ulteriormente, la mancanza di via di fuga dalla situazione della coppia? In ogni caso, il finale ci mostra i due acquistare una lavatrice. Una piccola speranza, un piccolo progresso, un lieve compromesso: lui è andato all’estero, ma coi soldi, anziché l’auto, hanno deciso di comprare un elettrodomestico d’aiuto nelle faccende di casa. La rinuncia all’agognata automobile si deduce dal ritorno a casa a bordo del cassone del mezzo che consegnerà la lavatrice; unito al ritorno a casa, e all’acquisto stesso della macchina per lavare, sono il prezzo della pace armata accettata dalla donna. Ma di sentimenti umani, in quel tragitto sul cassone del camion, con la coppia chiusa in un severo silenzio, non se ne vedono ancora.


Judit Pogàny



Nessun commento:

Posta un commento