388_SUPERMAN . Stati Uniti, Regno Unito, 1978. Regia di Richard Donner.
Per l’arrivo di Superman sul grande schermo, i produttore
del tempo fecero le cose in grande: le potenzialità del fumetto erano state
intuite da tempo, ma lungaggini produttive fecero slittare l’uscita del film al
1978. All’epoca, la DC Comics , di cui
Superman era (ed è) il principale alfiere, subiva ormai la piena concorrenza
della Marvel Comics. Fino ad allora,
a proposito dei loro personaggi, i famosi super-eroi,
sullo schermo si era assistito a ben poco e l’unico esempio di un certo rilievo
era il Batman del 1966, film
simpatico ma non più rimarchevole della serie televisiva da cui era stato
ispirato. E, per quei giorni, forse quello doveva sembrare l’unico possibile
sviluppo, se anche i rivali della Marvel non videro fare molto meglio (anzi,
nettamente peggio) dagli autori del tv-movie L’Uomo Ragno (e seguenti) del 1977, davvero imbarazzante per la
resa scenica. Per fortuna, nostra e dell’uomo
d’acciaio, con Superman le cose andarono assai diversamente: innanzitutto venne assoldato un regista vero, Richard Donner, che arrivava dal
precedente Il presagio, film del 1976
non eccezionale ma di un certo impatto. E, comunque, già in ambito di scrittura
non si badò a spese, ingaggiando addirittura Mario Puzo (famoso per il suo
lavoro ne Il Padrino diretto da
Coppola), sebbene poi venne sostituito più volte fino all’arrivo di Tom
Mankiewicz, che aveva l’esperienza di tre precedenti sceneggiature per la saga
di James Bond. Anche dal punto di vista
degli effetti speciali non si guardò troppo per il sottile: una delle idee
funzionali fu quella di prendere a riferimento il cinema di fantascienza, che
nei settanta aveva visto l’uscita di
pellicole notevoli, ad esempio il quasi contemporaneo Guerre Stellari, di George Lucas, uscito l’anno precedente.
Il cast
fu assemblato in modo grandioso e assennato al tempo stesso: per alcuni
importanti ruoli di contorno vennero ingaggiate autentiche celebrità come Marlon Brando (Jor-El, il padre naturale di
Superman), Glenn Ford (Johnatan Kent, il padre adottivo e terrestre), Gene
Hackman (Lex Lutor, il nemico). Per il ruolo di Superman venne scelto
Christopher Reeve, attore abbastanza vergine
per poter interpretare un ruolo tanto significativo in modo coerente. Oltre
alla indiscutibile presenza scenica, Reeve arrivava alla ribalta senza un
passato professionale (avendo interpretato solo un film in carriera),
esattamente come l’uomo d’acciaio compariva
dal nulla a Metropolis. Da notare come i padri di Superman, Jor-El e Johnatan
Kent siano interpretati da due star
di Hollywood, in qualche modo a confermare che il super eroe era davvero un figlio delle stelle, e quindi alieno
alla Terra. Altrettanto significativamente Martha, la madre terrestre di Clark
Kent (questo ovviamente il nome dell’alter ego di Superman) è la
semisconosciuta Phyllis Thaxter; la cui discrezione serviva ad avvicinare la
figura dell’eroe a quella di Cristo, che si era fatto uomo giungendo tra gli
umili. Del resto la figura cristologica di Superman è nota e nel film è
rimarcata dalle stesse parole del super-eroe,
che è individuo incapace di mentire e sempre rivolto al bene dell’umanità.
Donner e i suoi collaboratori non dimenticano però l’origine ludica del
soggetto e, nella trasposizione cinematografica dei cattivi, si rifanno, in un
certo senso, ai villains del Batman del 1966, con Hackman che fa un
po’ la parodia di se stesso (nel ruolo di duro),
vestendo i panni di un Lex Luxor davvero spassoso, aiutato efficacemente da Ned
Betty in quelli del suo imbranato aiutante Otis.
A scongiurare una eccessiva
deriva infantile, (pericolosa se si considera quanto accaduto ai tv movie
dell’Uomo Ragno) ci pensa il comparto femminile: Margot Kidder, nelle eleganti
vesti di Lois Lane, e Valerie Perrine, in quelle sexy di Miss Eve Teschmacher, sono
due meraviglie, tipicamente seventies,
certificate dall’apparizione sulla rivista Play
Boy. L’aspetto piccante non è certo casuale se la battuta più ficcante
dell’intero lungometraggio è il lapsus freudiano che capita alla giornalista
Lois quando, per conoscerne l’altezza, a Superman rivolge un indiscreto quant’è grosso? la cui allusività è
confermata dall’immediata correzione. La riuscita su tutta la linea
dell’operazione ‘Superman
sul grande schermo’, nient'affatto scontata, è quindi benedetta anche dalla diffusa ironia, che sigilla
un film divertente, coinvolgente ed appassionante.
Valerie Perrine
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