1676_SVEZIA INFERNO E PARADISO, Italia, 1968. Regia di Luigi Scattini
«Tutte le scene del film sono state girate dal vero o ispirate e riferite alla realtà. Ogni riferimento a fatti o a persone NON è casuale». Questa provocatoria didascalia, posta all’inizio di Svezia inferno e paradiso può essere forse indicativa degli intenti puramente sensazionalisti della pellicola. Diversamente, se non si prende il film di Luigi Scattini come una sorta di battuta goliardica, ci sarebbe da rimanere stupefatti da quello che si vede ma, soprattutto, quello che si sente nel commento che accompagna le immagini. In questo senso, una conferma che ci sia una precisa volontà di scandalizzare gratuitamente gli spettatori, ce la offre il fatto che a leggerlo sia chiamato un attore affermato come Enrico Maria Salerno. Qualche dubbio – anzi, molto più di qualche –sull’opportunità della cosa rimane e, in effetti, stupisce che un interprete dalla fama di Salerno si sia prestato ad un simile gioco. Al contrario, l’artista milanese, che tra l’altro era un abile doppiatore e quindi abituato a lavorare solo con la voce, pare gettarsi anima e corpo nell’impresa risultando a tratti particolarmente indisponente. Il suo intento è di incarnare la figura del qualunquista che sputa sentenze un tanto al chilo, e, come commento in una sorta di documentario, seppure ci si trovi nella freschissima scia dei film-collage di Jacopetti, lascia spiazzati. Il tema più urgente, che il testo affronta subito, è quello della disinibizione sessuale della donna svedese, che ha le prime esperienze giovanissima e, per evitare conseguenze, fa ricorso all’uso di contraccettivi di varia natura. Questo aspetto, che è il principale motivo che ha spinto i produttori ha realizzare il film, è trattato con paternalistico moralismo dal commento. “Anche loro (alcune intraprendenti donne svedesi NdA), come la nostra Eva (la protagonista del precedente segmento narrativo NdA), credono di essere felici, di avere scoperto l’amore, mentre hanno soltanto conosciuto il sesso e sarebbe difficile spiegare loro che è una cosa tanto, tanto, diversa”. Non si capisce bene, e per quale motivo, persone che lo stesso documentario ci informa provenire da uno dei paesi più progrediti al mondo, non siano in grado di comprendere argomentazioni tutto sommato nemmeno troppo complesse. Ma si è detto: Scattini ha voglia di provocare e sia lui che la produzione ne sono ben consapevoli, dal momento che si assicurano di evitare ogni distribuzione del lungometraggio in Svezia.
Il regista può quindi scatenarsi senza remore: prima assistiamo allo stupro di una giovane da parte di alcuni teppisti motorizzati, poi agli anziani abbandonati in una casa di riposo definita poco elegantemente «Cimitero degli elefanti». Si passa quindi al problema dell’alcolismo, con alcuni disperati che si mangiano il lucido da scarpe che pare, contenga piccole quantità di alcool, a quello della droga e a quello dei suicidi. Ogni tanto qualche battuta letta da Salerno coglie anche nel segno: ad esempio, per sottolineare la scarsa funzionalità della famiglia tradizionale nel paese, il commento interpreta in maniera contraria al consueto il dato, in genere valutato positivamente, secondo il quale in Svezia i figli lasciano la casa paterna in tenera età, segno della loro intraprendenza. Considerato il tempo che i bambini trascorrono fuori casa, la voce fuoricampo evidenzia semmai che più che lasciarla presto non vi abbiamo mai abitato realmente. Ma i passaggi di questo livello, perlomeno intrisi di una evidente ironia, sono pochi, e a dominare è in realtà, un moralismo di grana grossa che, forse, Salerno si sarà anche divertito a recitare. Tuttavia non vi sono espliciti segnali che si tratti di una bonaria presa in giro, anche per via della natura degli argomenti trattati, sesso a parte, si va, come detto, dalla droga, alla coppia incestuos ai suicidi anche di giovanissimi. In effetti, inseguito all’uscita del film, i problemi non mancarono: alcuni giornalisti svedesi trovarono una copia del film nella loro ambasciata di Parigi, lo portarono in patria e, con qualche anno di ritardo, il film approdò sulla televisione nazionale. La cosa non passò affatto inosservata, suscitando sdegno generale dell’opinione pubblica svedese; i protagonisti dei vari filmati, poi, avevano avuto la rassicurazione che la pellicola non sarebbe mai approdata in Svezia, e si trovarono invece sugli schermi domestici in situazioni spesso imbarazzanti. Si scatenò un caso diplomatico, accompagnato da proteste ufficiali e divieto per Scattini di recarsi in Svezia per alcuni anni. Il film –ispirato dall’omonimo libro di Enrico Altavilla– è, nel complesso, un campionario di luoghi comuni misto a scene palesemente artefatte, si prenda quella del ladro di automobili come esempio, che, in sostanza, ruota sempre intorno alla questione sessuale, scusa valida per mostrare sullo schermo l’avvenenza delle ragazze nordiche. Va detto, per correttezza, che le scene di nudo non sono particolarmente esplicite –praticamente mai integrali– pertanto sorprende la pubblicità del film sui giornali che –accanto ad un quanto mai ottimistico «il film che si vorrebbe non finisse mai!»– specificava «severamente vietato ai minori di 18 anni». Direttamente dal blog ufficiale di Luigi Scattini, si possono apprendere alcune curiosità interessanti per comprendere la natura ambigua dell’operazione nel suo complesso.
“Per gli italiani, soprattutto i giovani, la Svezia rappresentava il mito, i sogni proibiti di una generazione attratta dall’Inferno e dal Paradiso: l’emancipazione della donna, i sindacati, il nudismo, il benessere economico… è così che decisi di partire con una troupe ridotta per andare a scoprire questo mondo meraviglioso”. E già si può notare come, nei ricordi del regista, il post è del 12 agosto 2008, vi sia posto solo per elementi positivi del paese scandinavo. Scattini però poi precisa: “Non fu facile girare certe scene in Svezia, anche perché, per la prima volta, veniva messa a nudo una realtà che gli svedesi stessi cercavano di nascondere”. Curioso poi il successivo passaggio: “Infatti, il film fu accolto molto male in Svezia quando uscì. Gli svedesi ne fecero addirittura un caso diplomatico, con proteste ufficiali e minacce che mi impedirono di tornare in Svezia per parecchi anni. Il film fu trasmesso dalla televisione svedese la notte di Natale, grazie alla complicità di alcuni giornalisti che cercavano lo scandalo a tutti i costi”. In sostanza, un regista di shockumentary, per sua stessa ammissione questo era il suo secondo film all’interno del genere, si lamenta del fatto che i giornalisti svedesi lo ripaghino poi della stessa moneta. Insomma, il bilancio dell’opera è ampiamente deficitario, ma, volendo chiudere in chiave positiva, c’è la colonna sonora di Piero Umiliani davvero memorabile. Nella versione ufficiale, oltre alle musiche del compositore, sempre adeguate alle immagini, troviamo i suggestivi brani You tried to warm me e Sleep Now Little One, cantati da Lydia MacDonald. Interessanti anche la versione in inglese di Il ragazzo della via Gluck (Berretta, Del Prete, Celentano, 1966) e L’incidente dei The Primitives (Mogol, Cauley, King, Jones, Cunningham, Alexnder, Calwel, 1968). Naturalmente, il pezzo più noto del film, anzi, nettamente più famoso anche del film, è Mah-Nah-Mah-Nah, di Pierlo Umiliani, reso in seguito celebre dalla divertente interpretazione dei pupazzi del Muppet Show.
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