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sabato 17 maggio 2025

MY FAVORITE JOB

1669_MY FAVORITE JOB, Ucraina, 2022. Regia di Sashko Protyah

Mediometraggio sperimentale, My favorite job, racconta di come alcuni autisti volontari aiutino i civili ad evacuare da Mariupol, presa brutalmente d’assalto dall’invasione su larga scala russa. I protagonisti sono Ania e Yura, che raccontano le loro peripezie per attraversare i posti di blocco, con i militari filorussi particolarmente suscettibili di fronte all’operato dei volontari. La situazione è particolarmente tragica, ma i due attivisti la stemperano con massicce dosi di ironia nera, indispensabile per reggere l’urto dell’orrore bellico. Sashko Protyah, fa un gran lavoro assemblando filmati di formato diverso, interviste e scene dell’Ucraina distrutta dai pesantissimi bombardamenti, alle quali integra alcuni passaggi in computer grafica (Vova Morrow). Il problema principale, infatti, era filmare proprio dove si concretizzava parte della missione di Ania e Yura, ovvero il percorso tra  Mariupol' e Zaporizhzhya, disseminato di posti di blocco presidiati da militari russi particolarmente suscettibili a qualsiasi attività di documentazione della faccenda. L’aspetto quasi onirico di queste sequenze, enfatizzato da alcune scelte registiche –l’oscurità, una sorta di velata foschia, gli occhi demoniaci dei soldati, nere sagome minacciose– alimentano l’aspetto orrorifico della guerra. Nel finale, una carrellata sui volti delle persone messe in salvo da Ania e dai suoi volontari, ne propone le immagini ingrandite 5600 volte: non si riesce a coglierne le espressioni, così come è impossibile comprendere la tragedia che hanno dovuto sopportare. Se i soldati russi sono rappresentati come veri e propri diavoli, gli evacuati rischiano di essere fantasmi di loro stessi, come mostrato dagli sfuggenti ritratti conclusivi. Un destino atroce e ingiusto. Il titolo dell’opera fa riferimento alle parole di  Yura che, ad un certo punto, è bandito dalle terre occupate in quanto accusato di spionaggio: se vi verrà catturato, verrà passato per le armi senza troppe cerimonie. Yura, che aveva già perso il suo appartamento, non sembra farne drammi –ma è solo una diversa forma di sarcasmo per sopportare quest’ennesima ingiustizia– e si limiterà a dare una mano restando nei territori liberi dall’occupazione. La domanda che viene posta, a questo punto, è se il volontario non provi anche una sorta di sollievo, non dovendo recarsi nuovamente nei luoghi più pericolosi, avendo cioè una scusa valida per non farlo, una sorta di giustificazione morale. Ma Yura è consapevole di quello di cui l’han privato e risponde in modo sibillino: “È stato come perdere il tuo lavoro preferito” significa, infatti, vedersi privato della libertà. Non è importante se questo sia più o meno sicuro, se comporti più o meno rischi per la tua incolumità. La libertà non è questione di sicurezza ma, piuttosto, è un diritto inalienabile e, quella ucraina, è esattamente l’obiettivo da colpire e distruggere dall’Operazione Militare Speciale putiniana. 

LA STUDENTESSA E L'ORSO è uno studio sulla guerra russo-ucraina attraverso il cinema. 


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