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domenica 25 maggio 2025

WE WILL NOT FADE AWAY

1673_WE WILL NOT FADE AWAY Ucraina, 2020. Regia di Alisa Kovalenko

Cinque anni di attività bellica insistente e martellante, dal 2014 al 2019, potevano lasciar intendere che il destino della gente del Donbas, fosse quello di rimanere completamente tagliati fuori dal mondo. La Guerra del Donbas è stata tremenda e ne vediamo gli effetti nell’eppur splendide scene di We will not fade away, documentario con una storia da raccontare di Alisa Kovalenko. Immagini stupende, nonostante le macerie e la devastazione inquadrate, merito dell’ottima fotografia della Kovalenko e Serihiy Stetsenko. Il significato del titolo, in inglese anche nell’edizione originale, è Noi non svaniremo, che sembra un po’ la preoccupazione di Andriy, Liza, Lera, Ruslan e Illia, i cinque adolescenti protagonisti del film. Se l’Ucraina è già una terra di confine, tra l’Europa e il Russkiy Mir [Mondo Russo], in quest’ottica il Donbas ne è il punto ancora più estremo. Nel film, i giovani protagonisti utilizzano un linguaggio più colorito, per esprimere il concetto, ma il significato è la palpabile sensazione di essere completamente tagliati fuori dal «villaggio globale». Tra cinquant’anni, ipotizza uno di loro, il nostro paesino non esisterà più. Insomma, Alisa Kovalenko cerca di farci comprendere la preoccupazione dei suoi giovani concittadini che non riescono a vedere un futuro per le loro vite. E questa era la situazione, a Stanytsia, Oblas't di Luhans'k, Donbas, Ucraina, nel 2019, quando la Kovalendo cominciò a girare il suo film. Un’opera anche complessa, se si considera che il centro del racconto è rappresentato da un viaggio in Himalaya per i cinque adolescenti. Il che è un momento clamoroso, un sogno che si concretizza per questi ragazzi, che sembra davvero che possano sfidare e vincere il proprio destino. Andare sull’Himalaya, grazie all’intercessione di Valentin Sherbachov, un famoso esploratore ucraino, non è cosa che capiti a chiunque e che un desiderio tanto ambizioso venga esaudito per i nostri baldi giovanotti del Donbas potrebbe essere una svolta decisiva. Il che, sarà vero solo in parte. Perché, si è detto, i tempi di realizzazione del film sono stati lunghi e, nel frattempo, era cominciata l’invasione su larga scala che ha fatto sembrare la Guerra del Donbas combattuta fin lì un semplice aperitivo bellico. “Cinquant’anni e qui non ci sarà più niente”, diceva preoccupato uno dei ragazzi, senza rendersi conto di quanto fosse ottimista. E, forse, quando pensavano a Stanytsia come l’«ass-hole» del mondo, perché non se la filava nessuno, non immaginavano che fosse una condizione di cui poter aver rimpianto. La Kovalenko è una regista brava e sensibile, le sue immagini sono belle e poetiche, la musica –Wojciech Frycz, Blink-182,  Radiohead– è evocativa, il film lavora bene sul piano emotivo. E quando, dalla didascalia finale, apprendiamo che di due dei cinque ragazzi, i due rimasti nella zona sotto occupazione, non si hanno più notizie, l’emozione cristallizza in tristezza e sconforto. 






    LA STUDENTESSA E L'ORSO è uno studio sulla guerra russo-ucraina attraverso il cinema. 



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