1662_LE TRE SPIE (Dark Journey). Regno Unito, 1937. Regia di Victor Saville
Dark Journey,
il titolo originale di Le tre spie, può essere inteso anche in senso
generico e non in senso letterale, anche se poi la mappa con il veliero che fa
da sfondo ai titoli di testa sembrerebbe confermare che quello di Victor
Saville sia un film sui viaggi marinari. La prima inquadratura è in effetti
dedicata ad una distesa d’acqua su cui compare una didascalia che ci informa
che siamo nella primavera del 1918. Tempo di guerra, quindi, anzi di Prima
Guerra Mondiale, per essere precisi; se non siamo particolarmente pratici
del tema, il periscopio che si incomincia ad intravvedere sulla superficie
marina può anche sfuggirci. Ma quando il capitano all’interno del sommergibile
inquadra la nave passeggeri diventa chiaro per tutti che si è in un classico
del cinema della Grande Guerra: la battaglia tra i sommergibili tedeschi
e le navi dell’Intesa. La vicenda procede con i marinai tedeschi che, scesi
dall’U-Boot, vanno ad ispezionare per bene la nave su cui trovano nientemeno
che Vivien Leigh: l’attrice britannica non passa certo inosservata né dentro né
tantomeno al di qua dello schermo. La Madeleine da lei impersonata si muove con
fare circospetto e, in effetti, a parte l’impiego di facciata di proprietaria
di una boutique di lusso in quel di Stoccolma, è una spia che fa il doppio
gioco. O forse si dovrebbe dire il triplo: in sostanza, oltre al suo lavoro in
borghese, è un agente segreto francese che si spaccia per agente segreto
tedesco. Meno male che la Leigh, all’epoca ventiquattrenne, irradia lo schermo
con un fascino stordente dandoci la scusa di non raccapezzarci troppo nel poco
appassionante gioco di spionaggio che la trama ci propina. A voler essere
onesti, a reggere il centro del racconto è la traccia sentimentale tra
Madeleine e von Marwitz (Conrad Veidt), una spia tedesca ma, professionalità
degli interpreti a parte, anche questo elemento non è che entusiasmi più di
tanto. Forse se ne resero conto anche gli autori che, per ridare slancio alla
storia fino al gran finale, ripescano il tema della guerra marinaresca. L’U-Boot
tedesco torna a minacciare le navi civili, in particolare quella su cui viaggia
ancora Madeleine che stavolta viene identificata come spia e caricata sulla
scialuppa per essere portata sul sommergibile. In quella sopraggiunge una
Q-Ship britannica, una nave esca, che, una volta a tiro, rivela l’armamentario
nascosto e ingaggia battaglia con il sommergibile affondandolo e catturando von
Marwitz. Madeleine è messa in salvo ma il finale lascia chiaramente intendere
che, più che le questioni belliche, la bella giovane sia interessata alla sua
storia d’amore con l’agente segreto nemico, a cui promette di aspettarlo. Nel
complesso un buon film che mescola un po’ di generi e che, a quel punto,
dovrebbe veder prevalere la traccia sentimentale, avendo a disposizione due
interpreti del calibro della Leigh e di Veidt. Purtroppo all’appello finale
manca, probabilmente, un po’ di manico al regista, il pur professionale
Victor Saville, per incendiare la storia e dare un po’ di nerbo al tutto. Come
già detto, meno male che c’è Vivien Leigh.
Vivien Leigh
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