1551_SUL SENTIERO DI GUERRA (Brave Warrior). Stati Uniti 1952; Regia di Spencer Gordon Bennet
In nessun caso si può pretendere da un film che non si spacci per documentario –e anche qui ci sarebbe eventualmente da discutere– di essere rigoroso da un punto di vista storico. Tuttavia gli autori e i produttori cinematografici sono ben consci della potenza persuasiva dei film, anche di quelli che possano sembrare, a prima vista, semplici opere di finzione. Figuriamoci un lungometraggio come Sul sentiero di guerra, regia di Spencer Gordon Bennet, che comincia con una cartina del Territorio Indiano dell’inizio del XIX secolo e lascia tendenziosamente intendere che quello che ci si appresta a vedere abbia un solido fondamento storico. E fin qui non ci sarebbe niente di male, intendiamoci: la Storia è il miglior soggetto a disposizione se si vuole raccontare una vicenda avventurosa. E non ci sarebbe niente di sbagliato nemmeno se poi gli autori avessero «aggiustato» gli eventi al fine da renderli più avvincenti, o adeguato la questione ai canoni cinematografici, infilandoci una storia d’amore in primo piano, tanto per fare un esempio. Tutto lecito e comprensibile; si può tollerare persino una certa partigianeria, trattandosi di un tema bellico –la Guerra Anglo-Americana del 1812– che celebrava in modo originale l’orgoglio yankee, giunto ai vertici nel secondo dopoguerra del secolo scorso. Ma quello che si vede in Sul sentiero di guerra lascia davvero senza parole: il regista Gordon Bennet e lo sceneggiatore Robert E. Kent fanno addirittura «saltare la barricata» ad uno dei protagonisti storici della vicenda e del quale, in quanto americani, avrebbero dovuto serbare un po’ più di rispetto. Il capo indiano Tecumseh (nel film, Jay Silverheels), della tribù degli Shawnee, fu un acerrimo nemico degli Stati Uniti, già nel 1811 con la cosiddetta Guerra di Tecumseh, in avvenimenti che avvengono immediatamente prima di quelli raccontati –in modo assai romanzato– nel film di Gordon Bennet. L’anno successivo, e qui veniamo ai fatti travisati nel film, il capo Shawnee si alleò con gli inglesi, cercando di prendersi la rivincita contro gli invadenti statunitensi, e tra i passaggi più importanti di questo conflitto si registra proprio la Battaglia di Tippecanoe ricostruita con assoluta libertà dagli autori della pellicola. Una libertà talmente esagerata, al punto che Tecumseh diventa, in Sul sentiero di guerra, fedele alleato degli americani!
E non basta: sullo schermo, il capo Shawnee è assolutamente convinto che gli indiani debbano adeguare i loro usi e costumi allo stile di vita degli uomini bianchi. In un dialogo con Laura (Christine Larsen), la protagonista femminile del film, Tecumseh ammette candidamente che i nativi hanno un ritardo di secoli nei confronti della civiltà europea, di cui gli americani erano divenuti gli alfieri. Il che, dalla nostra prospettiva, può anche essere, in qualche modo, comprensibile, ma mostrato nei termini del film di Gordon Bennet risulta troppo svilente per gli indiani, che avevano piuttosto una cultura e una civiltà con molti punti da salvare e considerare in modo adeguato. Che a rinnegare la validità della propria cultura sia mostrato un personaggio della caratura del capo Shawnee è, da un punto di vista morale prima che storico, inaccettabile. L’impressione, per la verità, non è di esplicito razzismo, da parte degli autori, quanto piuttosto di goffo paternalismo. Tecumseh storicamente fu un leader indomito e carismatico: l’idea di «convertirlo» alla causa americana sembra più il tentativo di salvare capra e cavoli, nello specifico gli indiani e la conquista del west. Il tentativo è particolarmente maldestro, e per definirlo tale basterebbe già quanto visto, ma a ciò si aggiunge l’impostazione della storia sentimentale che si sviluppa contemporaneamente agli eventi «storici». Tecumseh è innamorato di Laura, che, guarda un po’, è purtroppo infatuata dell’altro protagonista maschile, il bianco Steve Ruddell (Jon Hall). In ogni caso, il capo indiano ritiene di non potersi dichiarare apertamente finché non sarà riuscito ad integrare la sua tribù al sistema di vita dell’uomo bianco: il villaggio di Tippecanoe, nel film costruito sul modello di una città americana, sembra quindi spianare la strada a Tecumseh nella vicenda sentimentale. Da parte degli autori probabilmente non c’è ironia –se ci fosse sarebbe davvero crudele– perché, nel film, gli inglesi attaccano Tippecanoe incendiando a destra e a manca, mandando in fumo i propositi amorosi di Tecumseh insieme alle eleganti costruzioni della città. Prima di procedere, non si può sottolineare come l’idea alla base del soggetto –Tecumseh deve prima convertire la sua gente agli usi dei bianchi per potersi anche solo dichiarare a Laura– sia quantomeno discutibile. Vicende private a parte, nella realtà storica la «Città del Profeta» fu distrutta dagli americani del governatore dell’Indiana Harrison (nel film interpretato da James Seay), nella famosa Battaglia di Tippacanoe.
Il «Profeta» a cui era dedicata quella che era una sorta di capitale della confederazione indiana, era fratello di Tecumseh, si chiamava Tenskwatawa e nel film di Gordon Bennet è interpretato da Michael Ansara. In proposito, una delle poche cose storicamente attendibili, in Sul sentiero di guerra, è l’occhio guercio del Profeta che, nel film, è avversario di Tecumseh e si allea con gli inglesi contro gli americani, diversamente da quanto accadde realmente. Insomma, le differenze storiche sono davvero tante e, come detto, non ci sarebbe nulla di male se non fosse che, alcuni particolari, dai nomi dei personaggi ad alcuni dettagli come il problema all’occhio del Profeta, non finiscano per confondere le idee. Che forse era proprio l’intento degli autori, e di Hollywood in ottica più generale: riscrivere la Storia della conquista del west per farne l’epica degli Stati Uniti. Pur se Sul sentiero di guerra non è affatto un brutto film, si può dire che in altre circostanze questa «revisione» delle vicende all’origine della nazione dalla bandiera a stelle e strisce sia stata fatta in modo più rispettoso, licenze poetiche a parte, del percorso storico oltre che dei nativi americani.
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