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martedì 3 settembre 2024

EURODONBAS

 1540_EURODONBAS Ucraina 2022; Regia di Korney Gritsyuk.

Già autore di Kyiv-War train, Korney Gritsyuk, nel suo terzo lungometraggio, insiste e anzi approfondisce il vero argomento del suo precedente lavoro, il Donbas. È comprensibile: Gritsyuk è nato a Donetsk, forse il centro più importante del Donbas, e la zona è, dal 2014, al centro della disputa bellica tra Russia e Ucraina. Anche in questo caso si tratta di un documentario: se quello girato sul «treno Kyiv-guerra» dava voce ai passeggeri dalla più disparata provenienza, Eurodonbas è un testo specificatamente storico. La confezione formale è ben realizzata, utilizzando più che altro stilemi televisivi: panoramiche con l’utilizzo di droni, vecchie fotografie lievemente animate in una sorta di 3D, si uniscono alle tradizionali riprese di interviste, siano essere preparate o colte al volo durante la vita reale. Detto questo, Gritsyuk si prepara sin dal principio, sin dal titolo Eurodonbas, che richiamando Euromaidan –le proteste di piazza Indipendenza da cui tutto cominciò– sposta ancora più a oriente l’influenza europea sull’Ucraina. L’autore nato a Donetsk snocciola una dietro l’altro una serie di informazioni che smentiscono clamorosamente la retorica filorussa che, da sempre, racconta come la caratteristica siderurgica del Donbas, intesa come area di estrazione carbonifera, abbia una radice sovietica. Il documentario comincia con l’arrivo di John James Hughes, un imprenditore gallese, che, una volta acquistato le concessioni dall’Impero Russo, vi installò la sua fabbrica che, successivamente, allargò fino a farla divenire un vero e proprio centro siderurgico. Siamo verso la fine del XIX secolo e, con l’arrivo di una colonia di abitanti proveniente dal Galles, si comincia a parlare di Yuzivka, una russificazione di Hughes, nome dell’insediamento in onore al suo fondatore, per quella che, negli anni, diverrà Donetsk. L’influenza europea nel Donbas continuò poi a Lysychansk dove il chimico Ernest Solvay fondò la DonSoda, investendo un sacco di quattrini e trasformando la zona in una sorta di colonia belga. Non si trattò, peraltro, di colonialismo, come viene specificato nel documentario, in quanto, al contrario di quanto fecero ad esempio in Africa, i belgi non avanzarono particolari pretese sui territori ma unicamente cercarono di far fruttare economicamente i loro sforzi. 

A testimonianza dell’intervento europeo, rimaneva, almeno fino ai giorni dell’«operazione speciale» russa, molti edifici della DonSoda, mentre a Druzhkivka a testimonianza della cospicua presenza di francesi nell’area, si trova l’antico cimitero franco-belga. Persino il fiore all’occhiello della propaganda sovietica in fatto di siderurgia, Mariupol – che nel 1970 veniamo informati da una reclame dell’epoca, produceva più ghisa di Gran Bretagna e Francia insieme – aveva radici occidentali. Era quasi finito il XIX secolo quando nella città dedicata a Maria, sorsero non uno ma ben due impianti siderurgici: Nikopol, realizzato dagli americani, e Russian Providence, dai belgi ed europei. Heinrich Laude, l’imprenditore americano giunto da Seattle per fondare la Nikopol, e ricordato come il primo direttore dell’impianto, prese degli accorgimenti che, sorprendentemente, hanno un valore ecologico. Furono coinvolti gli abitanti del luogo che dovettero accendere e alimentare dei fuochi per un paio di mesi, in modo da poter studiare con una certa attendibilità i moti ventosi. Laude e i suoi tecnici avevano capito che, per poter installare un impianto siderurgico bisognava anche garantire la possibilità di lavorarvi senza morire soffocati dalle polveri inquinanti. Si era nel 1896. I due impianti, Nikopol e Russian Providence confluirono poi, dopo la nazionalizzazione imposta dai sovietici, in un unico sito, Illich plant. Successivamente, le autorità sovietiche decisero di costruire un nuovo e più grande impianto nella stessa area, l’Azovstal. In origine la sua posizione era lungo il fiume, a fianco dell’impianto esistente, ma in logica di un tipico esperimento del regime sovietico venne spostato sul mare, facendone l’unico impianto siderurgico con accesso diretto al porto. I possibili vantaggi in termini logistici, una volta superati altri inconvenienti di natura tecnica, ebbero però l’atroce risultato di rendere le condizioni ambientali di Mariupol pessime. Questi aspetti risaltano maggiormente quando, decenni prima, all’inizio del secolo, gli americani avevano aperto il primo ospedale a Mariupol e i begli avevano dotato la città di un cinema quando non se ne trovavano nemmeno a Kiyv. 

L’industria siderurgica prese piede e affluirono a Mariupol imprenditore ma anche lavoratori dall’Europa, mentre, contemporaneamente ne giunsero anche dai villaggi russi, ucraini e tatari. La convivenza non fu semplice: i lavoratori europei parlavano altre lingue, avevano migliori condizioni di vita e, soprattutto, guadagnavano di più, in quanto specializzati, e la situazione non fu tutta rose e fiori. Quando i sovietici non riuscirono, nella loro opera di riscrittura della Storia, a cancellare totalmente le tracce della presenza europea sul suolo della Madrepatria, enfatizzarono questi conflitti al fine di attribuirgli una valenza completamente negativa. I sovietici riuscirono anche ad essere ostili alla presenza dei tedeschi mennomiti, che si insediarono nella cittadina chiamata New York. I mennomiti erano una chiesa anabattista i cui membri sono particolarmente laboriosi e tolleranti e, adeguando i loro aratri alla durezza della steppa ucraina, riuscirono a trasformarla completamente in un terreno fertile. Inoltre, se francesi, inglesi, belgi, costruirono scuole a cui i locali non avevano accesso, nelle scuole mennomite, che erano tra l’altro di ottimo livello, chiunque era benvenuto, russi e ucraini compresi. La colonia tedesca del Donbass arrivò a contare addirittura un centinaio di villaggi; dopo la Seconda Guerra Mondiale, non ne rimase nemmeno uno. In tempo di guerra i coloni tedeschi finirono deportati in Siberia o nel Kazakistan. Naturalmente, il nome di New York, clamoroso omaggio alla capitale del capitalismo, fu convertito successivamente in Novhorodske. Divertente il dibattito tra il regista e due attempate signore locali alle quali non interessa in nessun modo riscoprire o conservare le radici della propria comunità, occupate come sono dai problemi più contingenti di una zona che recentemente non può certo dirsi prospera. Purtroppo, la situazione di quella come delle altre zone viste nel documentario, era destinata a peggiorare con l’escalation bellica innescato dall’invasione russa su larga scala. Una didascalia finale ci informa che, proprio l’inasprirsi del conflitto, ha provocato la distruzione di molti edifici e testimonianze della radice europea del Donbas.
Gritsyuk, in un’intervista al sito Cineuropa, ha dichiarato: “Naturalmente, non dovremmo nemmeno guardare a questo periodo attraverso occhiali rosa, ma piuttosto parlare del fatto che all’epoca c’erano anche enormi problemi sociali, demografici e xenofobi, e che l’ambiente nel Donbas iniziò a essere inquinato in quel periodo. Questo periodo non può essere percepito come totalmente positivo o, al contrario, come propaganda sovietica, poiché lo presentavano ancora come totalmente malvagio: questi capitalisti che venivano a sistemare la gente, e poi le autorità sovietiche li espellevano. Pertanto, sembra che la verità stia da qualche parte nel mezzo e, dopo tutto, hanno portato molte cose importanti in quel luogo. Ma allo stesso tempo, c'erano aspetti negativi di questa modernizzazione estremamente rapida perché è avvenuta in modo innaturale. Quando, nell’arco di 20-30 anni, nel mezzo della steppa, compaiono intere città ed enormi imprese, questo, ovviamente, sconvolge la struttura della popolazione e la regione inizia persino ad apparire diversa, visivamente. Pertanto, questo è un periodo che deve essere studiato in profondità perché spiega molto di ciò che è accaduto in seguito nel Donbas”. [Natalia Serebriakova, Korney Gritsyuk: regista di Eurodonbas, dal sito Cineuropa.org, visibile al https://cineuropa.org/it/interview/433174/ visitata l’ultima volta il 25 agosto 2024].   


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