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martedì 17 settembre 2024

LO STRANIERO HA SEMPRE UNA PISTOLA

1547_LO STRANIERO HA SEMPRE UNA PISTOLA (The stranger wore a gun)Stati Uniti 1953; Regia di André De Toth

Nel 1953 si confermò la moda dei film in 3D, esplosa l’anno precedente. Tra i cineasti coinvolti in questa ondata tecnologica è curioso notare come André De Toth fu uno dei più illustri, con La maschera di cera [House of wax, 1953], horror di grande successo, e Lo straniero ha sempre una pistola, in questo caso un western. La nota insolita a proposito dell’apporto del regista di origini ungheresi, è costituita dal fatto che, a causa della benda che portava su un occhio, De Toth non poté mai apprezzare gli effetti del cinema stereoscopico in prima persona, avendo a disposizione un solo punto di vista. Ne Lo straniero ha sempre una pistola, gli effetti 3D sono sfruttati in modo eclatante nella scena del saccheggio di Lawrence, Kansas, un episodio storico che vide protagonista il famigerato William Quantrill e la sua banda di predoni, durante la Guerra Civile Americana. Ci sono molte scene in cui i banditi sparano o incendiano rivolgendo le loro armi verso l’obiettivo della macchina da presa e, questo, nel caso si stia guardando una versione «normalizzata» in due dimensioni, risulta un po’ inconsueto, soprattutto se si pensa che Lo straniero ha sempre una pistola è un film del 1953. In effetti, la produzione Scott-Brown più che ai classici degli anni Cinquanta rimanda ai B-movie, peraltro fatti con professionalità e interpretati dallo stesso Randolph Scott, che era, appunto, uno dei soci nello Studio. Anche De Toth, come regista, era il classico bravo artigiano, più che un autore a tutto tondo, tuttavia Lo straniero ha sempre una pistola, alla fin fine, manca proprio nelle caratteristiche che avrebbero dovuto essere il suo forte: solidità nella narrazione e chiarezza d’intenti. Travis (Randolph Scott), il protagonista, è una spia al servizio di Quantrill che, in qualche modo, si pente del suo operato dopo aver visto ciò che i predoni con cui collaborava sotto la bandiera confederata, avevano combinato a Lawrence. La sua redenzione non è, per altro, cristallina, visto che il nostro eroe preferisce passare il tempo sui battelli fluviali a giocare a poker, anziché fare qualcosa di più costruttivo. Per sfuggire alla caccia agli ex collaboratori di Quantrill –che continuò anche finita la guerra– viene inviato dall’amica Josie (Claire Trevor; bella, ma i 43 anni si fanno sentire) a Prescott, Arizona, al soldo di Mourret (George Macready) un altro tizio assai poco pulito. Questi ha imbastito un’organizzazione criminale che rapina con regolarità i convogli che trasportano oro; nelle sue file troviamo gente del calibro di Lee Marvin (è Dan) ed Ernest Borgnine (è Slager), come noto, grinte ben poco raccomandabili. Travis sta un po’ al gioco, non si capisce mai bene fino a che punto; la presenza della bella, e giovane, Shelby (Joan Weldon), figlia del proprietario della compagnia che subisce le rapine, è un elemento che depone a favore della conversione definitiva dell’ex spia confederata. Ma Travis, in ogni caso, ama il doppio gioco, tant’è che organizza una trappola a danno dei banditi nella quale coinvolge la banda rivale, capitanata dal sinistramente buffo Degas (Alfonso Bedoya). Insomma, la trama è un succedersi di eventi poco lineari e Randolph Scott non sembra del tutto a suo agio nell’interpretare un individuo ambiguo come Travis. Il romantico colpo di scena finale, con l’uomo che sceglie l’attempata Josie, dopo averla posteggiata in attesa per tutto il film, a discapito della più avvenente Shelby, è la cartina tornasole dell’intero racconto: sorprende, ma non soddisfa del tutto. Sia De Toth che Scott hanno fatto di meglio, ma non per questo Lo straniero ha sempre una è un brutto film.  




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