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venerdì 27 settembre 2024

LA STRAGE DEL 7° CAVALLEGGERI

1552_LA STRAGE DEL 7° CAVALLEGGERI (Sitting Bull). Stati Uniti 1954; Regia di Sidney Salkow 

Il titolo originale di La strage del 7° Cavalleggeri, film western di Sidney Salkow, è Sitting Bull, ovvero il nome americano del celebre Toro Seduto. Per la verità, quello di Salkow non è certo una biografia, seppure la figura del capo Sioux sia centrale al racconto; il titolo italiano fa invece riferimento alla Battaglia del Little Bighorn, senza dubbio lo scontro bellico tra cavalleria e indiani più famoso di sempre. Ma anche in questo caso si tratta di un titolo che non rappresenta a dovere il film, considerato l’eccessiva libertà con cui sono ricostruite le fasi della battaglia. Ancora una volta una superficialità che spesso si confonde con una forma di razzismo quasi inconsapevole, compromette i buoni intenti che si distinguono chiaramente alla base del soggetto. L’idea su cui si fonda La strage del 7° Cavalleggeri è che uomini buoni ci siano tra i bianchi –il maggiore Parrish (Dale Robertson)– come tra gli indiani –Toro Seduto (J. Carrol Naish). Allo stesso modo, persone di stampo certamente peggiore li troviamo da una parte, il colonnello Custer (Douglas Kennedy) e dall’altra, Cavallo Pazzo (Iron Eyes Cody), per l’occasione battezzato con un improbabile Cavallo Furioso. Se perfino la figura di Custer è stata oggetto, nel corso dei decenni, di numerosi «aggiornamenti» –dal momento che, nonostante sia sempre rimasto un personaggio discutibile, pare non fosse quell’ottuso guerrafondaio come spesso viene dipinto– la descrizione di Cavallo Pazzo che emerge dal film è assolutamente inaccettabile. D’accordo, La strage del 7° Cavalleggeri non è un documentario, tuttavia ci sono figure storiche, e in questo senso Cavallo Pazzo perfino più dello stesso Toro Seduto, che, per via del destino personale e del proprio popolo, vanno trattate con un’adeguata riverenza. Attenzione, non si tratta di santificazioni fatte un tanto al chilo: premesso che una biografica fedele di Cavallo Pazzo offrirebbe mille spunti narrativi degni di interesse, sono accettabili tutte quelle interpretazioni rispettose della sua figura storica ma sono anche lecite le parodie o le versioni umoristiche, dal momento che non vi è nulla di meglio della libertà di espressione. Ciò che stona, in opere come La strage del 7° Cavalleggeri, è l’approccio che si finge storico salvo poi raccontare i fatti non tanto adeguati al media in questione, in questo caso il cinema, ma completamente stravolti. La Battaglia del Little Bighorn è altresì completamente modificata, e questo, più che essere un ulteriore punto di debolezza del film, permette di fare un distinguo e focalizzare meglio il problema. Che uno scontro bellico, o un altro evento storico generico, venga travisato da una ricostruzione di pura finzione, non rappresenta certo un problema; gli appassionati di Storia sanno che per avere informazioni attendibili non devono certo affidarsi al cinema o ad altri media «leggeri». Diverso il caso in cui vengano coinvolte persone che, oltre al valore storico, abbiano anche un’importanza capitale dal punto di vista umano, com’è appunto il caso di Cavallo Pazzo. Uomini che, e questo è il fattore cruciale, hanno pagato con la propria vita la fedeltà ai propri ideali non possono essere trattati con approssimazione, almeno non finché il loro valore non sia stato universalmente riconosciuto e sia ben chiaro a tutti che quella che si sta eventualmente mettendo in scena sia unicamente una finzione del tutto svincolata dalla realtà. E, per quanto il cinema hollywoodiano, già negli anni Cinquanta, avesse compreso le ragioni dei nativi nella Questione Indiana, non è certo questo il caso. 




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