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martedì 30 agosto 2022

BAD ROADS - LE STRADE DEL DONBASS

IL RITORNO DELLO ZAR: #L'ORA DELLA FINE

1087_BAD ROADS - LE STRADE DEL DONBASS (Plokhye dorogi). Ucraina, Lituania 2020;  Regia di Natalya Vorozhbit.

Premiato alla Settimana Internazionale della Critica 2020 a Venezia, Bad Roads - Le strade del Donbass, lungometraggio di Natalya Vorozhbyt, non è un film d guerra eppure della guerra riesce a cogliere, molto più di testi esplicitamente bellici, la natura. L’ambientazione è l’Ucraina orientale durante la guerra del Donbass; il testo è tratto da un dramma teatrale della stessa Vorozhbyt ma il lavoro di trasposizione cinematografica dell’autrice ucraina è notevole. Rimane in parte leggibile, nella staticità complessiva dei quattro segmenti narrativi, l’impostazione teatrale ma il racconto ha un tale spessore che riesce a trasportarci anche in mancanza di una narrazione forte. Non è che l’azione manchi del tutto, sia chiaro; anzi in un passaggio ce n’è anche troppa. L’episodio, il terzo, in cui un soldato russo sequestra una giornalista ucraina, ha scene di violenza assolutamente disturbanti. Tuttavia non è certo quella che sostiene il racconto, quella semmai è un ingrediente (leggendola in chiave strettamente narrativa) per creare i presupposti al dialogo e, in conseguenza, al rapporto che si istaura tra la donna e il suo carnefice. Perché, da buon testo teatrale, Bad Roads si basa essenzialmente sui dialoghi; e si capisce sin dal primo episodio che Natalya Vorozhbyt ha, in questo specifico, stoffa da vendere. Un signore (Ihor Koltovskyy), che scopriremo essere un preside, è fermato con la sua auto in un posto di blocco dai militari ucraini. Per errore consegna il passaporto di sua moglie al soldato che gli ha chiesto i documenti, che lo guarda stupito chiedendo se è lui che ha un nome da donna. 

Già si percepisce una sottile ironia, sia nelle parole del militare ma soprattutto dell’autrice, che mantiene la tensione, il soldato ha un fare comunque minaccioso, sotto controllo grazie ad una calibrata dose di umorismo sottotraccia. Il preside si scusa, quello è il nome di sua moglie, deve aver scambiato i passaporti per errore. Il militare continua a giocare al gatto col topo, chiedendo se per caso avesse il passaporto del marito di questa signora; non gli chiede direttamente il suo passaporto, al preside, ma il passaporto del marito della donna che il poveruomo ha detto essere sua moglie. Ha voglia di scherzare, il militare; si e no. Perché ha a tracolla un fucile da guerra per niente rassicurante e si intuisce che ci metterebbe niente ad adoperarlo. Il passaporto non salta fuori, la tensione sale e l’arrivo del comandante (Andriy Lelyukh) finisce per alimentare la vena surreale della situazione tanto che, dopo una serie di concitati scambi di opinioni, il preside vede una sorta di fantasma. L’uomo, infatti, ad un certo punto sostiene di aver visto una delle sue alunne nei pressi del posto di blocco e si preoccupa per lei; ma si tratta, per quel che può stabilire lo spettatore, di un’allucinazione. 

Questo breve passaggio è importante per due motivi: intanto perché alcuni riferimenti (la ragazza orfana allevata dalla nonna) lasciano intendere che il secondo episodio sia la prosecuzione del primo. A conti fatti possiamo ritenere invece quelle imbeccate una falsa pista, un modo semmai per segnalare che Bad Roads non ha una storia che lo sorregge. Anche se può sembrare che ci sia un nesso, poi va infatti concluso che non c’è relazione narrativa tra i vari episodi. E quello della mancanza è uno dei temi del film: del resto la guerra (che nel film non si vede, manca, appunto) segna proprio la mancanza della ragione, del buon senso, dell’umanità e si potrebbe andare avanti elencando qualsiasi valore positivo di cui nel senso, nel pretesto alla base di ogni guerra, non troveremo mai traccia. La ragazza misteriosa intravvista dal preside è il primo dei personaggi che aleggiano senza comparire nei quattro segmenti narrativi: dopo di lei sarà la volta del militare fidanzato della ragazza orfana (Anna Zhuravska), che non si presenta all’appuntamento, poi della truppa di soldati agli ordini del violentatore, che non si palesa, come invece aveva minacciato l’uomo, e, per chiudere in bellezza, sarà il turno di una gallina investita da una ragazza di città (Zoya Baranovska). Sono personaggi significativi perché alimentano le varie storie: se i militari del posto di blocco forse grazie alla citata allucinazione si convincono che il preside si è preso un colpo di calore e anche per questo ha il fare un po’ sospetto, il soldato fidanzato è l’oggetto di scherno delle amiche della ragazza orfana e delle preoccupazioni della nonna. 

La truppa ha il ruolo di terrorizzare per un attimo, ancora di più di quanto non lo sia già, la giornalista violentata (Maryna Klimova), mentre la gallina è il pretesto per due insospettabili contadini per ricattare la guidatrice cittadina. Si diceva che questi personaggi non sono trascurabili, in quanto è grazie soprattutto a loro se i vari racconti procedono: ma di fatto sono assenti dal film. E del resto, a Bad Roads, manca anche una vera e propria ambientazione: le location degli episodi sono non-luoghi, più che luoghi veri e propri. Un posto di blocco, una fermata dell’autobus, un ex sanatorio distrutto dai bombardamenti, il cortile della casa dei contadini. In mezzo a questo vuoto, a questa mancanza di tutto, che è il risultato della guerra, ai personaggi mancano o cominciano a mancare anche le coordinate morali, e questi danno l’impressione di non saper più cosa fare, non sapere più cosa sia giusto e cosa sbagliato. 

Il preside, in effetti, sembra quasi godere nell’esasperare i due uomini al posto di blocco che, da parte loro, hanno il classico comportamento schizofrenico dei militari. Adesso scherzano amichevoli poi, appena vedono la forma di un kalashnikov, che è finto, serve per le esercitazioni a scuola (!!), possono farti saltare le cervella prima di accorgersi che l’arma è innocua. La ragazza orfana bullizzata dalle amiche si rivela ben peggiore nel modo in cui tratta la nonna; la giornalista dimostra un’impressionante capacità di fingere e mentire (non un bel messaggio, per la stampa) tanto da riuscire ad ammansire la belva che la tiene prigioniera. Poi, quando ne avrà la possibilità, mostrerà un lato belluino non poi così differente. 

E il militare stupratore, passato il momento violento, lascia intravvedere momenti di umanità, che gli saranno tra l’altro fatali. Questo aspetto, questo sottolineare come in un simile contesto comportarsi da persone civili può essere pericoloso, lo si legge anche nello sguardo della donna cittadina quando scopre che i due poveri contadini si stanno rivelando per esseri abietti e approfittatori. Lei, che dopo essere tornata il giorno dopo per pagare la gallina investita, si trova ora oggetto di uno squallido ricatto; giustamente si deve essersi pentita amaramente del senso civico che l’aveva spinta a saldare il suo debito. Anche lei, che da persona giovane, benestante, civile ed educata ha qualche direttiva morale in più rispetto agli altri personaggi del racconto, sul momento sembra allora vacillare. A sorpresa sarà la vecchia contadina ad avere uno scatto di moralità, quasi svegliandosi dall’ipnosi avida che l’aveva portata a mettere all’angolo la povera ragazza; il marito è solo il suo braccio destro, la guida nella coppia è lei. E a lei, e ad un’altra figura anziana e femminile del racconto, la nonna dell’orfana, dovremmo appellarci per riuscire a trovare qualcosa di buono per cavarsela simbolicamente in una situazione così disperata come quella dipinta dalla Vorozhbyt col suo film. Una nonna e un’anziana contadina: più che una speranza sembra un rimpianto o forse solo nostalgia. Davanti a noi, del resto, non ci sono che Bad Roads.   





   Anna Zhuravska


  Zoya Baranovska

Maryna Klimova

Galleria di manifesti 




2 commenti:

  1. Fan dei dialoghi alzate la mano...?
    Eccomi!
    Fan dei personaggi in chiaroscuro che non sanno districarsi fra giusto e sbagliato, alzate la mano...?
    Rieccomi!
    😁😁😁

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  2. Fan di Bad Roads Le strade del Dombass...? E voilà!

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