564_L'ASSALTO DELLE FRECCE ROSSE (Slaughter Trail); Stati Uniti 1951. Regia di Irving Allen.
Il genere western ha imperversato per decenni e, nei vari
periodi, ha assunto sfumature diverse talmente peculiari da essere meritevoli
di appropriate definizioni: al suo apice c’è il suo momento classico, quella che può essere ritenuto
la sua golden age, intorno agli anni
50 e, successivamente, si passò al western
crepuscolare, al western revisionista,
senza dimenticare le correnti parallele come gli spaghetti western. Poi ci sono state pellicole che rappresentano
approcci sporadici, come ad esempio i film più intimistici o quelli comici e
farseschi sempre ambientati alla frontiera.
Ben raramente può capitare di imbattersi in una ballata western, che potrebbe essere intesa come la versione musical del genere, paragonabile a L’assalto
delle frecce rosse. Quello di Irving Allen è già quindi meritevole per
originalità ma va subito specificato che il film è molto divertente, leggero ma ben strutturato e
assolutamente da promuovere. L’apporto musicale nei western è spessissimo
fondamentale ma in L’assalto delle frecce
rosse non si limita a dare supporto alla narrazione ma ne costituisce
l’essenza in moltissimi passaggi. Sono ben sette le canzoni che, nel testo,
descrivono spesso lo svolgere degli avvenimenti per cui per chi non avesse buona
dimestichezza con l’inglese, è vivamente consigliato
vedere la versione del film sottotitolata per comprendere anche questi
passaggi.
Tra questi momenti musicali ci sono anche quelli in cui il soldato Singalong (Terry Gilkynson, che era un cantante folk) improvvisa canzoni non legate ai fatti narrati, come le piacevoli e divertenti Everyone’s crazy ‘ceptin’ me o I wish i wuz, e comunque in tutto il lungometraggio la trama non perde occasione di cedere il passo al commento sonoro. Così c’è perfino la filastrocca dei bambini del forte, London Bridge is falling down, o il gran
ballo dove, coerentemente in linea con l’idea generale dell’opera, a suon di
musica avviene anche il passaggio cruciale. Che non è per niente banale, piuttosto
è sorprendente, ben costruito e articolato su più livelli narrativi. Ma andiamo
con ordine e cominciamo col dire che l’iniziale rapina alla diligenza e la
presenza tra i passeggeri di una sontuosa Virginia Grey (negli eleganti panni
di Lorabelle Larkin) sembrano indirizzare il film nel solco dei western romantici, in fondo ancora in
voga fino ai primi anni 50. La figura dei banditi, tra cui spicca Ike Vaughn
(Gig Young), non sembra però dipinta dal regista Irving Allen con questo gran
fascino, anzi; e sappiamo come questa fosse invece una caratteristica di quei
western.
Però c’è più di un passaggio, tra cui uno esplicito, in cui è
possibile comprendere l’ascendente che Ike, in qualità di uomo che si poneva al
di sopra della legge, esercitava su Lorabelle, sua fidanzata e sua complice. Il
fascino del bandito c’è, quindi, anche in
L’assalto delle frecce rosse, solo che non è rivolto agli spettatori ma
alla protagonista. Perché la ragazza, come in ogni buon western romantico che si rispetti, è la vera protagonista
dell’opera in quanto è il personaggio che compie il più significativo sviluppo
all’interno del film. E va detto che Virginia Grey assolve alla grande il
compito, passando da disonesta capricciosa dama dall’est ad eroica ragazza di
frontiera, nel momento in cui riesce ad arrivare per prima, pur con l’impaccio
degli eleganti vestiti, in soccorso della piccola Nancy. E per un film leggero
come si pone L’assalto delle frecce rosse,
l’evoluzione del personaggio di Lorabelle è tratteggiato con cura insolita
sfruttando mirabilmente, per lo scatto
decisivo, proprio il momento del ballo, che in apparenza si presenta come passaggio
di puro svago. E’ nello scorgere la gelosia in Ike che Lorabelle focalizza,
probabilmente, il proprio interesse per il capitano Dempster (Brian Donlevy),
padre della piccola Nancy e comandante del forte che gli indiani in seguito
attaccheranno. I Navajo, gli indiani in questione, sono giustamente sul
sentiero di guerra perché Ike e i suoi due complici hanno ucciso e derubato alcuni
guerrieri della tribù.
Il capo Paako (Ric Roman) è buon amico del capitano
Dempster e vive in pace con i bianchi ma non può comprensibilmente accettare di
vedere i suoi uomini uccisi e derubati e nemmeno è intenzionato a credere alla
giustizia degli americani per un caso come questo (e come dargli torto). La
situazione, come detto, deflagra al ballo: gli indiani hanno quindi disseppellito
l’ascia di guerra e il forte è l’unico posto sicuro ma, prima che le ostilità
vengano aperte, c’è tempo per l’ultima serata di gala (si fa per dire, siamo
sempre alla frontiera). Nel forte è arrivato anche Ike, per recuperare
Lorabelle e i gioielli rubati sulla diligenza, spacciandosi per un comune
allevatore. Durante una pausa, il sergente MacIntosh (il mitico Andy Devine) e
il soldato Sella-dura (Lew Bedell) si
producono in una mini gag comica; i due sono davvero divertenti, come del resto
nei precedenti e frequenti casi che il copione ha concesso loro. Valga d’esempio
l’originale partita a poker ma anche la barzelletta del sergente, alimentata
dalla verve umoristica del corpulento attore, era stata memorabile.
Fatto sta
che l’imitazione di Buffalo Bill ad opera di Sella-dura fa sganasciare dalle risate l’intera sala ma, a quel
punto, Ike viene riconosciuto! Nel forte è infatti ancora presente il
viaggiatore derubato sulla diligenza che, pur non avendo visto Ike in volto,
perché celato dal classico fazzoletto, ne aveva potuto udire la risata che ora
riconosce distintamente. Il capitano non sembra comunque dargli retta ma,
quando dal vestito di Lorabelle cade il sacchetto coi diamanti, la situazione
precipita. Ike prende in ostaggio la piccola
Nancy, la figlia del capitano, e Lorabelle compie la sua scelta,
rimanendo al forte pur sapendo di finire in prigione. La zona pullula di
indiani e Ike e i suoi complici sono costretti a rifugiarsi proprio nel forte;
il capo indiano chiede la consegna dei banditi ma il capitano, anche a fronte
di un attacco che metta rischio la vita di tutti i soldati e i civili del forte
(tra cui la figlioletta), non può accettare. Accade così l’inevitabile assalto
ma, quando gli indiani vedono i banditi morire, si ritirano. Intanto, durante
la battaglia, Lorabelle si è distinta nel soccorrere i feriti e nel proteggere
i bambini e la maestra del forte; il capitano Dempster la perdona lasciandola
partire per San Francisco. Ci si aspetta il lieto fine, con il militare,
spronato dalla figlioletta che si è affezionata a Lorabelle, che chieda alla
ragazza di restare accanto a lui. Ma L’assalto
delle frecce rosse è sì un western romantico ma, in questo passaggio come
già in molti altri, si dimostra più maturo, quasi da poter essere definito un classico a tutti gli effetti. Il momento
è emozionante, le parole della canzone che inevitabilmente accompagnano le
immagini provano a rassicurarci, ci sarà un lieto fine, la storia d’amore è solo
rimandata. Ma quello che vediamo è il capitano (e sua figlia) salutare con la
mano e Lorabelle rispondere dal finestrino, mentre la diligenza se la porta
via.
Virginia Grey
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