572_LA GIUNGLA DEGLI IMPLACABILI (The Colditz Story); Regno Unito, 1955. Regia di Guy Hamilton.
Tralasciando l’incomprensibile titolo italiano, The Colditz Story di Guy Hamilton è un
curioso film di guerra britannico che racconta degli indomabili prigionieri
alleati dediti a ripetuti tentativi di fuga da un carcere di guerra tedesco. La
prigione in questione è la fortezza di Colditz e li vi vennero reclusi tutti
quei prigionieri che avevano già alle spalle un qualche tentativo di fuga dalle
carceri naziste, senza per altro farli desistere dal proposito. Per quanto la
fortezza abbia l’aspetto lugubre di un castello medioevale e i militari nazisti
siano anch’essi poco rassicuranti, il tono generale dell’opera si spinge
spessissimo nei toni della commedia, alleggerendo la narrazione ma smorzandone
un po’, per la verità, la carica drammatica. Il risultato è certamente
particolare e comunque evidentemente ricercato, visto che il regista Guy
Hamilton inserisce alcuni leggeri numeri musicali e teatrali a chiarire che
l’umorismo di cui è intrisa la pellicola non è involontario. Da ricordare la
canzone I belong to Colditz (che
rafforza il tono farsesco facendo il verso alla tradizionale I belong to Glasgow) e il numero
teatrale d’avanspettacolo Three corney
jokes. I tentativi di fuga improbabili, ad esempio infilati in un sacco per
la biancheria, ricordano le comiche di Stanlio e Ollio più che un film bellico
vero e proprio. E anche i militari del racconto filmico sembrano
consapevolmente scherzare nel momento in cui calano dalla finestra un manichino
attaccato ad una corda, non si capisce neanche bene se per verificare la
fattibilità della via di fuga o direttamente per prendere per i fondelli le
guardie. I nazisti non scherzano affatto e provano a chiudere la questione a
suon di mitragliatrice, sebbene non ci facciano una gran figura quando,
ritratto il manichino dagli inglesi, rimangono con un palmo di naso. Situazione
questa che innesca ulteriori provocazioni ai danni degli aguzzini tedeschi che,
per la verità, finiscono addirittura per fare la parte delle vittime, se non
altro del tipico humor britannico. Un
film divertente, quindi, ma a cui manca un po’ di mordente per coinvolgere
pienamente.
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