414_PREPARATI LA BARA! - VIVA DJANGO; Italia, 1968. Regia di Ferdinando Baldi.
Altrimenti conosciuto con il titolo Viva Django, il film Preparati
la bara! vorrebbe essere una sorta di antefatto al Django di Sergio Corbucci con Franco Nero. Più che di prequel, definizione cinematografica per
operazioni simili, sarebbe il caso di parlare di una sorta di Le origini di… come avviene nelle serie
a fumetti, con quelle storie che vanno a svelare i retroscena di questo o
quell’eroe delle storie disegnate. Perché, sia detto senza offesa per i comics che hanno una loro specifica
sfera funzionale, si sa che i presupposti e i pretesti narrativi del cinema in
genere hanno una profondità e una elaborazione molto superiore a quelli delle
storie delle nuvole parlanti di stampo popolare, che fondano la loro riuscita
più che altro sulla fervida ed accondiscendente fantasia dei lettori. Insomma,
al cinema, abitualmente, non si prendono certe scorciatoie narrative che si
leggono su alcuni fumetti; invece in Preparati
la bara! troviamo esattamente quel tipo di passaggi o soluzioni narrative. Tanto
per dirne una: Django, divenuto boia della contea, che riesce a salvare un
folto numero di impiccati dalla forca con un complicato escamotage e che poi li
arruola in una banda in modo da perseguire le proprie mira di vendetta, è
un’idea prettamente da fumetto seriale e
popolare, e si fatica davvero a crederla plausibile una volta messa sullo
schermo, con attori veri, in una rappresentazione realistica e certamente meno empirica
di quella prevista per certe tavole disegnate. Detto di questo aspetto un po’
debole, che per altro negli anni a venire sarà un importante filone all’interno
degli spaghetti western, il film si
lascia guardare con sufficiente trasporto e divertimento.
Terence Hill
sostituisce Franco Nero nei panni di Django, con un risultato certamente
efficace a livello estetico, ma anche troppo simile ad un suo precedente
personaggio, quel Cat Doc Stevens di Dio perdona… io no! di Giuseppe Colizzi:
la matrice comune è certamente Clint Eastwood nella trilogia del dollaro di Sergio Leone, ma se si cambiano e scambiano
personaggi ed interpreti sempre sullo stesso medesimo cliché, si rischia di fare confusione. La storia raccontata da
Baldi ha alcuni passaggi che vorrebbero spiegare il passato di Django, ad
esempio la morte della moglie e, nel finale, assistiamo, dopo averlo già
intuito con discreto e inevitabile anticipo, ad un finale mitragliato che vorrebbe giustificare l’inizio del film di
Corbucci. Non certo una genialata, in
tutta onestà, ma comunque uno spunto divertente e divertito. Ovviamente al
netto della montagna dei morti ammazzati che, però, è risaputo, negli spaghetti abbondano per definizione e
fanno parte del decòr narrativo.
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