417_BARB WIRE ; Stati Uniti, 1996. Regia di Paul Hogan.
Film ispirato all’omonima serie a fumetti della Dark Horse, Barb Wire è stato un fiasco al
botteghino oltre che un’opera trascurabile. Se non fosse che, ad interpretare
l’eroina protagonista, c’è Pamela Anderson in gran spolvero. Ed è curioso che
critica e, soprattutto, pubblico si siano accaniti in questo caso contro
l’attrice di origine canadese. In fondo Pamela deve le sue fortune
all’avvenenza mostrata nella serie Baywatch,
dove non è che paventasse queste grandi doti di recitazione. Perché in Barb Wire il suo approccio è adeguato
alla bisogna e, anzi, la sua bellezza ostentata in modo quasi stilizzato è
perfetta per rendere sullo schermo un personaggio preso dai comics. Una sorta di versione dinamica,
dark e un po’ violenta, di Jessica Rabbit, in forma (e che forma!)
tridimensionale. Insomma, la
Barb Wire di Pamela Anderson è una vera icona
cinematografica, buca lo schermo ad ogni inquadratura ed è indiscutibilmente memorabile. Si può certamente discutere sull’uso che viene fatto della bellezza
femminile, in un film che fonda il suo
unico motivo di interesse sulle grazie
della protagonista. Ma è un discorso insidioso che potrebbe essere esteso alla
stragrande maggioranza dei film prodotti, e nel discorso andrebbero inclusi
anche gli interpreti maschili. Certo, la Anderson con il suo look che sintetizza alcuni
cliché estetici della bellezza moderna, (il trucco pesante agli occhi, i
capelli biondo platino, i vestiti aderenti, il fisico tonico e ben fornito
delle giuste curve), porta all’estremo tutto ciò ma non fa nulla di
effettivamente nuovo. L’utilizzo della figura femminile al cinema non è spesso
diverso da quello che si fa di quella maschile, si pensi ai forzuti dei peplum o agli eroi palestrati dei film
sui supereroi, ed è lo stesso da sempre.
Criticabile? Forse. Di fatto la
bellezza emoziona e per questo viene utilizzata sullo schermo. In ogni caso,
Pamela non se ne va in giro per il film mezza nuda ma, piuttosto, riesce ad
essere un credibile cartoon in carne
ossa. L’uso eccesivo di quegli stratagemmi che stimolano il richiamo sessuale
(il trucco, i vestiti) ci dice che, almeno in questo film, per essere
appetibile utilizza quegli strumenti
che sono alla portata di qualunque altra. Quindi se anche la Anderson usa, e lo fa in
abbondanza, questi argomenti artificiali
per sedurre lo spettatore, è chiaro che il concetto di bellezza che passa non è
tanto nel corpo perfetto dell’attrice quanto nell’idea sensuale che viene
veicolata tramite l’uso di aspetti feticistici (capelli, sguardo, scollatura,
tacchi, ecc.) quindi anche concettuali
oltre che estetici. In fin della fiera si sottolinea come sia anche l’idea della seduzione in sé che
seduce, e non solo il corpo ostentato. C’è quindi un tentativo di innestare,
sull’imperante culto del corpo perfetto, i classici argomenti della seduzione che sottolineavano ed enfatizzavano i
richiami sessuali: il risultato è un cocktail esplosivo biondo platino che gira
agghindato in abiti attillati che ne strizzano le curve.
A conti fatti, la
perfetta sintesi della seduzione. Ma se anche una donna già bella di suo come la Anderson recupera questi
stratagemmi, ne sottolinea allo stesso tempo l’importanza. E dal suo ricorso a
questi stilemi erotici si può ricavare la conclusione che la seduzione ha un
aspetto ludico (a cui si rifanno lo strumentale
utilizzo dei citati cliché seducenti, il suo look da cartoon o i giochi sadomaso) accessibile a tutti
anche senza avere il fisico perfettamente modellato. Pertanto, se Barb Wire appare come un'estrema
celebrazione della star più bella e fisicamente scolpita del firmamento, in
definitiva l’opera finisce per sminuire l’importanza del culto del corpo
perfetto a favore di un approccio più fantasioso
(nel senso di fantasie sessuali). Naturalmente
qui il discorso è impostato unicamente sulle regole dell’attrazione fisica ma,
d’altronde, non è che ci si potesse aspettare di più da un film basato su una celebrità
divenuta tale semplicemente girando per lo schermo TV in costume da bagno. Per
chiudere, anche l’ironia di grana grossa e un po’ maccheronica dell’eroina è in
linea con le aspettative che si possono avere. In definitiva il film sarà anche
francamente banale e scontato ma Pamela Anderson icona indimenticabile va
assolutamente recuperata.
Pamela Anderson
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