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sabato 28 settembre 2019

BARB WIRE

417_BARB WIRE ; Stati Uniti, 1996Regia di Paul Hogan.

Film ispirato all’omonima serie a fumetti della Dark Horse, Barb Wire è stato un fiasco al botteghino oltre che un’opera trascurabile. Se non fosse che, ad interpretare l’eroina protagonista, c’è Pamela Anderson in gran spolvero. Ed è curioso che critica e, soprattutto, pubblico si siano accaniti in questo caso contro l’attrice di origine canadese. In fondo Pamela deve le sue fortune all’avvenenza mostrata nella serie Baywatch, dove non è che paventasse queste grandi doti di recitazione. Perché in Barb Wire il suo approccio è adeguato alla bisogna e, anzi, la sua bellezza ostentata in modo quasi stilizzato è perfetta per rendere sullo schermo un personaggio preso dai comics. Una sorta di versione dinamica, dark e un po’ violenta, di Jessica Rabbit, in forma (e che forma!) tridimensionale. Insomma, la Barb Wire di Pamela Anderson è una vera icona cinematografica, buca lo schermo ad ogni inquadratura ed è indiscutibilmente memorabile. Si può certamente discutere sull’uso che viene fatto della bellezza femminile, in un film che fonda il suo  unico motivo di interesse sulle grazie della protagonista. Ma è un discorso insidioso che potrebbe essere esteso alla stragrande maggioranza dei film prodotti, e nel discorso andrebbero inclusi anche gli interpreti maschili. Certo, la Anderson con il suo look che sintetizza alcuni cliché estetici della bellezza moderna, (il trucco pesante agli occhi, i capelli biondo platino, i vestiti aderenti, il fisico tonico e ben fornito delle giuste curve), porta all’estremo tutto ciò ma non fa nulla di effettivamente nuovo. L’utilizzo della figura femminile al cinema non è spesso diverso da quello che si fa di quella maschile, si pensi ai forzuti dei peplum o agli eroi palestrati dei film sui supereroi, ed è lo stesso da sempre. 

Criticabile? Forse. Di fatto la bellezza emoziona e per questo viene utilizzata sullo schermo. In ogni caso, Pamela non se ne va in giro per il film mezza nuda ma, piuttosto, riesce ad essere un credibile cartoon in carne ossa. L’uso eccesivo di quegli stratagemmi che stimolano il richiamo sessuale (il trucco, i vestiti) ci dice che, almeno in questo film, per essere appetibile utilizza quegli strumenti che sono alla portata di qualunque altra. Quindi se anche la Anderson usa, e lo fa in abbondanza, questi argomenti artificiali per sedurre lo spettatore, è chiaro che il concetto di bellezza che passa non è tanto nel corpo perfetto dell’attrice quanto nell’idea sensuale che viene veicolata tramite l’uso di aspetti feticistici (capelli, sguardo, scollatura, tacchi, ecc.) quindi anche concettuali oltre che estetici. In fin della fiera si sottolinea come sia anche l’idea della seduzione in sé che seduce, e non solo il corpo ostentato. C’è quindi un tentativo di innestare, sull’imperante culto del corpo perfetto, i classici argomenti della seduzione che sottolineavano ed enfatizzavano i richiami sessuali: il risultato è un cocktail esplosivo biondo platino che gira agghindato in abiti attillati che ne strizzano le curve. 


A conti fatti, la perfetta sintesi della seduzione. Ma se anche una donna già bella di suo come la Anderson recupera questi stratagemmi, ne sottolinea allo stesso tempo l’importanza. E dal suo ricorso a questi stilemi erotici si può ricavare la conclusione che la seduzione ha un aspetto ludico (a cui si rifanno lo strumentale utilizzo dei citati cliché seducenti, il suo look da cartoon o i giochi sadomaso) accessibile a tutti anche senza avere il fisico perfettamente modellato. Pertanto, se Barb Wire appare come un'estrema celebrazione della star più bella e fisicamente scolpita del firmamento, in definitiva l’opera finisce per sminuire l’importanza del culto del corpo perfetto a favore di un approccio più fantasioso (nel senso di fantasie sessuali). Naturalmente qui il discorso è impostato unicamente sulle regole dell’attrazione fisica ma, d’altronde, non è che ci si potesse aspettare di più da un film basato su una celebrità divenuta tale semplicemente girando per lo schermo TV in costume da bagno. Per chiudere, anche l’ironia di grana grossa e un po’ maccheronica dell’eroina è in linea con le aspettative che si possono avere. In definitiva il film sarà anche francamente banale e scontato ma Pamela Anderson icona indimenticabile va assolutamente recuperata.    






Pamela Anderson






















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