1422_FASCINO E PERFIDIA (Three bad sisters). Stati Uniti 1956; Regia di Gilbert Kay.
Per quanto sia ritenuta una citazione erroneamente attribuita
–al produttore Samuel Goldwyn– la massima “se hai un messaggio, vai alla
Western Union [un servizio postale americano]”, non è del tutto campata in aria.
Anzi, sarebbe un invito da rivolgere a quei registi del cosiddetto “cinema
impegnato”, specie di casa nostra, ma sarebbe un discorso certamente meno
interessante del gustoso, seppur anche legittimamente criticabile –e
abitualmente criticato– Fascino e perfidia, film del 1956 per la regia
di Gilbert Kay. Spacciato, in qualche caso, come dramma a tinte noir, Three
bad sisters, questo il titolo originale, è un’opera che, se non altro, non accampa
scuse, e lascia intendere in modo palese i suoi intenti. Certo, c’è una confezione
formale adeguata a consentire al film di ottenere i visti censori ma, per
comprendere l’aria che tira, basti considerare la spudorata bugia con cui si
comincia. Tre sorelle cattive recita, infatti, il titolo, mentre le
protagoniste in comune hanno, semmai, la bellezza: di cattive ce ne sono,
invece, solo due. Naturalmente, quella buona, Lorna (Sarah, Shane), è la più
noiosa, tant’è che l’attenzione, di regia e spettatori, è focalizzata sulla
ninfomane Vicky (la fantastica Marla English) e sulla vera cattiva della storia,
la folle e violenta Valerie (Kathleen Hughes).
Il ricchissimo Mr. Craig, padre delle tre ragazze, è rimasto ucciso in un
incidente sul suo aereo privato, in cui il pilota, Jim Norton (John Bromfield),
è, un po’ sospettosamente, sopravvissuto.
Norton, ancora sotto contratto, si trova quindi al centro degli interessi delle donne di casa Craig: Kathleen cerca di manovrarlo per eliminare Lorna, ma, i due, a sorpresa, si innamorano. E lo fanno sotto gli occhi dell’esterrefatto avvocato Gurney (Jess Barker), legale di famiglia nonché fidanzato ufficiale della stessa Lorna. Da parte sua, Vicky, vera variabile sexy che scorrazza per lo schermo, cerca di sedurre il pilota, non si capisce se unicamente per insaziabile appetito sessuale o, forse, per secondi fini. L’eredità, certo, ma il carattere capriccioso della giovanissima, lascia intendere che le sue motivazioni possano essere anche solo ostruzionistiche: in concreto, ostacolare i piani criminali di Valerie o la storia sentimentale di Lorna con Jim. La deriva exploitation, genere a cui andrebbe iscritto questo film, sostenuta sin da subito dalle deliziose ed esibite caratteristiche anatomiche di Marla English, ha il suo apice nella zuffa tra Valerie e Vicky.
La premessa al catfight è già degna di nota: Vicky, stuzzicata, umilia la sorella in un confronto allo specchio, parlandone come questa fosse già mezza sfiorita. In realtà la Hughes aveva ventott’anni e non era affatto male, anzi; certo la English, che di anni ne aveva ventuno, era spumeggiante ma la scena sembra più pretestuosa che altro. La replica di Valerie è, in ogni caso, fuori registro: dopo un primo corpo a corpo, la maggiore delle sorelle prende un frustino e sfregia il visino della povera Vicky: effetti della libera concorrenza, a suo dire. Per Vicky, è tempo di uscire di scena, con uno schianto automobilistico che, tra le altre cose, non sembra turbare più di tanto i protagonisti del film, Tra i quali manca da citare zia Martha (Madge Kennedy), acida zitella, sorella del defunto Mr. Craig. Senza il suo consenso, Lorna si avvicina esplicitamente sempre più a Jim, sospettato dalla zia di essere coinvolto nella morte del patriarca di casa Craig che ha dato via alla vicenda, e, nella migliore delle ipotesi, etichettato come opportunista. Qui, in effetti, c’era lo spazio per fare di Jim Norris una figura più ambigua, se non fosse che, probabilmente, in cabina di regia fossero troppo concentrati sulle voluttuose curve della English. La trama procede e Valerie fa la stessa fine di Vicky e si arriva al lieto fine tra Lorna e Jim. Curiosità: all’inizio del film, Jim viene fermato dal giornalista Bill Gans (William Henry) che si presenta come reporter della Acme. La Acme Corpotation è la famosa azienda – fittizia, ça va sans dire – che ha come maggiore cliente Wyle E. Coyote, il mitico antagonista del Road Runner, l’uccello corridore conosciuto in Italia come Bip-Bip e protagonista delle Loonely Tunes, i “violentissimi” cartoni animati della Warner Bros. Una violenza stilizzata e simbolica, come quella di Fascino e perfidia, non a caso.
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