1398_LA BAMBOLA DI PEZZA (Picture Mommy Dead). Stati Uniti 1966; Regia di Bert I. Gordon.
Mr B.I.G., acronimo con cui venne ribattezzato Bert I. Gordon, facendo riferimento sì alle iniziali del suo nome ma soprattutto alla mania di girare film con mostri giganteschi, aveva sempre con sé un effetto speciale che difficilmente falliva: la passione. Nella sua filmografia non si trovano né capolavori e nemmeno opere particolarmente significative sotto il profilo artistico. Eppure, i film che si lasciano vedere con simpatia, e soprattutto ricordare con affetto, sono più d’uno. Tra questi, indubbiamente La bambola di pezza, pellicola che, per una volta, non vede scorrazzare sullo schermo qualcosa o qualcuno di ingigantito a dismisura. Siamo nel campo dell’horror più classico, un omicidio famigliare, sebbene è onesto riconoscere che di paura se ne prova poca. Ma lo si è detto: non è che i film di Gordon siano tecnicamente ineccepibili; hanno però un loro fascino. Ne La bambola di pezza è soprattutto il cast, a destare impressione. Al centro della scena c’è Susan Gordon, diciassettenne figlia del regista, che interpreta Susan, una ragazzina erede di un grande patrimonio ma con problemi psichiatrici. La povera ha, infatti, assistito alla tragica morte della madre Jessica, nientemeno che la superba Zsa Zsa Gàbor in un ruolo neanche troppo impegnativo. La donna è, appunto, morta in un incendio e ora, suo marito Edward (Don Ameche) si è risposato con Francine (Martha Hyer, in gran forma), l’ex governante. Susan, per tre anni, è stata rinchiusa in un istituto e fa ritorno a casa, nella speranza degli operatori sanitari, che il trauma sia superato. Francine, la matrigna, al contrario, auspica piuttosto una sua ricaduta, per poter mettere le mani sul denaro della prima moglie di Edward, personaggio a cui Ameche riesce a conferire quella sua tipica aria un po’ distratta e non del tutto consapevole di cosa stia accadendo alle sue spalle. La nuova moglie, infatti, è d’accordo con lo zio Anthony (Maxwell Reed), orribilmente sfregiato, per cercare di rispedire Susan in manicomio e mettere finalmente le mani sul malloppo. Tra i pochi ma importanti attori del cast, manca almeno da citare il grande Wendell Corey, qui nei panni dell’acido notaio. La messa in scena di Gordon è intrigante, ma la sua regia, va riconosciuto, manca di ritmo e alla lunga la cosa rischia di pesare sulla scorrevolezza. Tuttavia, nel complesso, la confezione formale è curata e i dettagli – la macabra filastrocca, pupazzi e bambole inquietanti, il dipinto assai somigliante alla divina Gabor che si mette a sanguinare, l’attacco del falco – oltre alle scene clou con gli omicidi, mantengono godibile la visione. Senza dimenticare la sfida grondante glamour tra la Gabor – peraltro sullo schermo per un tempo limitato – e la Hyer, che, in ogni caso, regge alla grande il difficile confronto. Belle donne in luogo di mostri giganteschi, Bert I. Gordon non delude nemmeno stavolta.
Zsa Zsa Gabor
Martha Hyer
Galleria di manifesti
Nessun commento:
Posta un commento