679_SUSANNA! (Bringing Up, Baby!). Stati Uniti; 1938. Regia di Howard Hawks.
Oggi siamo forse abituati a pensare ad Howard Hawks come ad
un grande regista; giustamente, verrebbe da dire, ma lo status di autore alla volpe
grigia di Hollywood lo diedero i francesi dei Cahiers du cinema perché, in precedenza, in patria era più che
altro stimato per la sua abilità produttiva complessiva. Specialmente ai tempi
di Susanna!, nel 1938, Hawks era
ritenuto un autore in grado non solo di dirigere, ma anche produrre, gestire ed
organizzare interamente la realizzazione di un film. E, proprio in virtù della
fiducia riposta nel cineasta americano, l’insuccesso al botteghino di Susanna! colse impreparata la RKO Radio Pictures che, in tutta risposta, gli
tolse l’incarico per il successivo film previsto. Per altro il tempo ha reso
giustizia all’opera di Hawks e Susanna!
è considerato un capolavoro della commedia
americana. C’è un motivo, probabilmente, alla base dello scarso riscontro
al box office, ed era il fatto che il
film fosse un’assoluta novità. Susanna!
è considerato infatti il capostipite e anche il prototipo ideale della screwball comedy; il significato del
termine screwball deriva dalla palla
da baseball lanciata con effetto e che ha quindi una traiettoria non lineare,
simile all’andatura di un ubriaco. In essa convergono elementi della commedia
sofisticata, molto in voga al tempo, e della comicità slapstick, che furoreggiava all’epoca del cinema muto. Come si vede
sono due elementi quasi in antitesi: l’eleganza formale della commedia e la
fisicità delle gag delle comiche. Ma, in effetti, la commedia per sua natura
verte abitualmente proprio sulle contrapposizioni di elementi diversi e, di
conseguenza, la chimica di questa neonata corrente cinematografica funzionò
alla grande sin dal principio (con buona pace del botteghino).
La sopraffina capacità di Hawks nel risolvere i
problemi in campo di realizzazione del film, sia in tema registico che di altra
natura, è il motivo alla base di questa semplice e naturale funzionalità di Susanna! Il regista americano, avendo a
che fare con una storia caotica che toglie il terreno sotto i piedi allo
spettatore, mantiene almeno il suo racconto lineare, cosa che era prettamente
nel suo stile, accompagnandoci fianco a fianco dei suoi personaggi, senza
complicare la struttura narrativa con flashback o altri artifici. Su questa
linearità narrativa si innestano poi le magistrali prestazioni degli
interpreti. Anzi, in modo specifico di una interprete in particolare. Se il
protagonista maschile, Cary Grant (è il dottor David Huxley) si affida ad
un’interpretazione un po’ convenzionale dell’imbranato dall’aspetto assai
aitante ed attraente, Katharine Hepburn (Susan Vance) è la vera mattatrice: un
terremoto che sconquassa l’intero film. La Hepburn possiede il nonsense di Stanlio, la
fisicità distruttrice di Ollio, spara battute come Groucho, ma è credibilissima
anche come elegante signora da serata in vestito lungo. Che, in una delle scene
più famose, finisce naturalmente strappato come altrettanto naturalmente finisce
l’abito di Grant. Ma sono i rischi, quelli degli strappi, di quando si va a
tutta birra. Una vera screwball,
infatti, una palla lanciata con forza ed effetto come di deve, una palla davvero
ubriaca, non viene certo colpita
dalla mazza del battitore, ma va velocissima a finire spedita nel guantone;
allo stesso modo funziona Susanna! Sappiamo
sin da subito che Susan e il dottor David convoleranno al lieto fine, si tratta
solo di vedere quanto ubriaco sarà il
loro percorso. La storia prevede la metafora di uno scheletro di brontosauro,
simbolo di un certo immobilismo maschile o della società del tempo, venire
travolto da Susan, vera forza dirompente della storia. Di contro il personaggio
maschile è in perenne affanno: di più, lo vediamo addirittura regredire a
livello infantile, a carponi, giocando con il cane alla ricerca dell’osso
smarrito. Il film è un frullatore nel quale finiscono anche un leopardo, anzi
due, un vecchio e imbolsito cacciatore, una zia danarosa, una ragazza noiosa, e
poi poliziotti e addetti del circo: tutti vengono centrifugati ma la figura che
esce sempre imperturbabile da qualunque situazione, manco fosse un cartoon delle Loonely Tunes, è lei, Susan. La Hepburn è la vera forza motrice del film: forse
l’unica donna di aspetto molto piacevole in grado di lavorare ad una storia d’amore dentro ad una commedia senza
sconfinare nel sentimentalismo, anche per il suo, diciamo così,
anticonvenzionale sex appeal. E’ curioso come i rimandi sessuali siano molto
labili, soprattutto considerando che il film verte sugli equivoci tra un uomo e
una donna, con questa che sostanzialmente cerca di mettere nella rete il primo
e ovviamente ci riesce. Ci sono passaggi in cui qualche rischio piccante si
corre, come nella citata scena degli
abiti strappati con la camminata sincronizzata, uno dietro all’altra, ma è poca
roba; anche la famosa battuta di Grant con la vestaglia da donna, “sono improvvisamente diventato gay”
(in Italia, termine sostituito con pazzo)
sembra semplicemente un momento umoristico. In seguito, il genere Screwball comedy è tramontato abbastanza
velocemente, intorno agli anni 40; certo, capiteranno esempi nel corso del
tempo, ma la forza della corrente
sembrò legata unicamente a quel breve periodo. Chissà, forse correre come
pazzi, senza fermarsi troppo a riflettere, poteva essere un modo in quegli anni
per evitare di guardare in faccia alla realtà, che tra Grande Depressione e XX
Guerra Mondiale in arrivo, non era certo troppo invitante. Kaharine Hepburn
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