681_INDIANS (I Will Fight No More Forever). Stati Uniti; 1975. Regia di Richard T. Heffron.
Spesso ricordato come il discorso indiano più citato di sempre, La resa di Capo Giuseppe è un breve monologo che esprime in modo inequivocabile la fine non solo della fuga dei Nasi Forati, ma dell’esistenza libera dell’intero popolo dei nativi americani. La vicenda degli Indiani d’America è nota e le parole del capo sono commoventi per la disperazione che trasudano: il sentimento che lasciano nell’ascoltatore è di tristezza e costernazione. La stanchezza di cui parla il condottiero è la somma delle fatiche fisiche e morali, delle ingiustizie, dei torti, delle minime soddisfazioni sempre negate. Non c’è più quasi ombra di rabbia o collera, moti violenti certamente legittimati dalle circostanze ma ormai consumati in mesi e anni di inutili resistenze contro un nemico, l’uomo bianco, invincibile, implacabile e spietato. Indians, film televisivo di Richard T. Heffron racconta appunto le vicende che portarono i Nasi Forati ad una ribellione che fu più che altro un tentativo di fuggire verso il Canada e che passerà alla Storia come una delle più indomite opposizioni ad una tra le tante deportazioni di indiani del periodo. La matrice televisiva non è, in questo caso, un limite: innanzitutto ad Hollywood già negli anni 70 si producevano ottimi lavori per il piccolo schermo, con cast spesso di primissimo livello. Come quello di Indians: Ned Romero è un credibilissimo Capo Giuseppe, anche se James Withmore, nei panni del suo rivale Generale Howard, è insuperabile nel mostrare la figura di un militare diviso tra l’inflessibile e ottuso senso del dovere e l’umanità del proprio carattere più intimo.
Più defilato ma naturalmente molto efficace Sam Elliot, che interpreta il Capitano Wood, classico giovane ufficiale non agevolato nella carriera dai troppi scrupoli di coscienza. E tutti indovinati anche gli attori chiamati a dare corpo ai vari condottieri indiani, tra cui spicca Emilio Delgado nel ruolo di Ollokot; una galleria di personaggi indimenticabili. Il film è quindi ben recitato e diretto con solido mestiere; una certa matrice televisiva è intuibile nelle scelte di regia, che sono tutto sommato abbastanza conservative, ma nel complesso la cosa risulta funzionale alla riuscita dell’opera. Il pathos è infatti già intrinseco agli eventi e sia la confezione formale che un discreto rigore storico sono più che sufficienti per conferire alla vicenda la dimensione mistica adeguata. Notevole, in questo senso, la musica di Gerald Fried, un tema che si rifà alle sonorità tipiche degli indiani gettando un’aria triste e melanconica sulla storia. All’inizio, la voce narrante indica con onestà che si tratta di una vicenda romanzata ma è, semmai, la generale sobrietà e l’attinenza storica più che sufficiente ad essere il vero motivo di merito di Indians. Un film che, forse proprio grazie alla sua riservatezza di matrice televisiva, riesce a lasciare il giusto spazio agli eventi degli Storia e ai suoi eroi leggendari. Come il grande Capo Giuseppe; a cui sarà difficile, d’ora innanzi, pensare senza figurarsi il volto di Ned Romero.
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