528_IL MAGNIFICO FUORILEGGE (Best of the Badmen); Stati Uniti, 1951. Regia di William D. Russell.
Terzo episodio di una atipica trilogia dedicata ai fuorilegge del west (i Badmen che riecheggiano nei titoli originali) prodotta dalla RKO, Il magnifico fuorilegge vede di nuovo all’opera Robert Ryan, stavolta nei panni dell’ambiguo ma assoluto protagonista, dopo che nel precedente Gli avvoltoi era stato il cattivo di turno lasciando la vera ribalta a Randolph Scott. Qui a contendergli, almeno parzialmente, il centro della scena è Claire Trevor, in un classico ruolo che ricorda un po’ la Dallas di Ombre rosse (1939, regia di sua maestà John Ford), sebbene in questa circostanza il suo personaggio abbia una reputazione meno equivoca. Per il resto, il regista William D. Russell, organizza una storia rischiosa, utilizzando quei personaggi storici della banda Quantrill, tra gli altri i famosi fratelli James e Younger, ai quali finisce per aggregarsi Jeff Clanton (Ryan), ufficiale unionista in congedo ingiustamente condannato a morte. L’idea è che alcuni affaristi come Matthew Fowler (Robert Preston) approfittino della situazione turbolenta, venutasi a creare con la fine della Guerra Civile, per arricchirsi in modo poco pulito. Ad esempio intascando le taglie dei confederati anche se questi abbiano giurato, terminate le ostilità, fedeltà all’Unione. Che ci siano state, nella società americana del tempo, delle magagne è fuori discussione, ma tentare un qualche abbozzo di riscatto morale, anche solo parziale, per le belve del Missouri di Quantrill è una manovra azzardata anche e soprattutto in un film di puro svago come Il magnifico fuorilegge. In ogni caso Clanton, a cui Ryan dona una faccia ben poco rassicurante, li affianca, sebbene provi in qualche occasione, non senza l’indispensabile sprone di Lily (la Treivor ), a smussarne un po’ l’inclinazione feroce.
Il nostro ambiguo eroe si trova così un po’ combattuto, compiendo scorrerie e rapine al fianco di volgari criminali, in aperta lotta contro un presunto rispettabile cittadino che possiede un’agenzia che opera nella sicurezza insieme alle forze dell’ordine, ma che in realtà è corrotto. Considerato la posizione della donna che lo accompagna, che è legalmente la moglie del suo nemico, abbiamo un quadro desolante dal punto di vista istituzionale del paese e, almeno in questo, forse nemmeno troppo lontano dalla realtà. E anche vero che ci si trovava alla frontiera di una nazione uscita a dir poco lacerata dalla pesante Guerra Civile; in questo senso, rispetto alla norma, il film ci fornisce un’idea del west meno romantica e più prosaica, chissà, forse addirittura in contrasto con gli intendimenti iniziali degli autori. Comunque sia, alla fine, sconfitto il cattivo, ai nostri non rimane che cercare di rifarsi una reputazione: un lieto fine in divenire, in pratica. Ma che non convince del tutto, come in tutta onestà il film nel suo complesso. Del resto, tutta la trilogia dei Badmen poggiava su un terreno fragile: la mitizzazione della figura del fuorilegge del far west. Che non era certo esclusiva di questi film della RKO Pictures, sia chiaro: dalle tante pellicole dedicate a Jesse James, fino ad arrivare all’eroe del west per eccellenza, John Wayne che, in quello che è considerato il primo western classico, Ombre Rosse, è Ringo, un bandito. Il genere cinematografico americano per antonomasia ha sempre ammesso di avere una matrice oscura. In un paese che stava ancora costituendosi, alle prese con i detriti di un passato turbolento, cercare di sdoganare le proprie radici magari non proprio edificanti, era una pratica salutare per guardare al futuro senza lasciarsi condizionare da qualche ombra del proprio vissuto. Ma sfruttare il rancore per la sconfitta nella Guerra Civile, ancora serpeggiante in molte sacche del paese, provando a far passare per eroi quelli che erano veri e propri criminali della peggior specie, come appunto i predoni della banda Quantrill, non era e non è accettabile sotto nessun punto di vista. Ed è su questo passo che la pur godibile trilogia dei Badmen perde la sua scommessa.
Claire Trevor
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