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venerdì 14 febbraio 2020

LAWRENCE D'ARABIA

521_LAWRENCE D'ARABIA (Lawrence of Arabia); Regno Unito, 1962. Regia di David Lean.

Un kolossal imponente, questo Lawrence d’Arabia del regista David Lean che, dopo l’ottimo Il ponte sul fiume Kwai, si conferma regista di grandissima capacità narrativa. Le prime due ore del film dedicato alle avventure arabe di Thomas Edward Lawrence sono strepitose; le immagini sontuose e magnifiche (girate in uno spettacolare formato a 70 mm con la fotografia a cura di Freddie Young) mostrano la bellezza maestosa delle terre mediorientali. Lean compone lo schermo come la tela di un pittore, sempre attento alla disposizione scenica dei personaggi, degli oggetti e dei paesaggi. Particolare cura è mostrata nelle scene di massa, con riprese aeree che permettono di cogliere i movimenti d’insieme e consentono al regista anche l’uso coreografico dello schermo panoramico. Insomma, per lo spettatore questo Lawrence d’Arabia è una vera manna per gli occhi. Ma lo è anche per le orecchie, perché l’accompagnamento musicale di Maurice Jarre è una vera delizia, perfettamente adatto a cogliere ed esaltare la bellezza del deserto. La scena iniziale, con il sorgere del sole unito all’incedere del motivo sonoro dominante, è una delle massime espressioni di bellezza in senso cinematografico. Il sole è protagonista di molte scene, ed è anche logico essendo uno degli elementi prevalenti nel paesaggio. Sembra quasi che il suo contraltare umano sia rappresentato dal tenente Lawrence, i cui capelli biondi richiamano il colore dell’astro, e gli occhi azzurri brillano come emanassero luce. Il parallelo è azzardato, ma tutto sommato non sarebbe estraneo alla convinzione britannica di superiorità di cui il regista Lean aveva già intessuto, fosse anche in modo sarcastico, il precedente Il ponte sul fiume Kwai. 

Il film si apre con le scene di un incidente motociclistico che provoca la morte di Lawrence, in Inghilterra. Ne segue il funerale, nel quale assistiamo alle conversazioni sul defunto da parte dei convenuti: in questo momento comincia il film vero e proprio, la storia ambientata in Arabia. Come dire che, parlando di una persona morta, è possibile sancirne il processo di mitizzazione e se ne può narrare la leggenda. L’avventura di Lawrence comincia al Cairo, dove questi è un banale ufficiale impiegato nell’esercito di sua maestà. Mandato in Arabia con semplici compiti di ricognizione, prenderà di suo pugno iniziative clamorose e del tutto imprevedibili, soprattutto alla luce di quella che era stata fino allora la sua carriera militare. 


Diverrà addirittura il condottiero degli Arabi, capace di unificare le varie tribù beduine, assumendo anche i costumi locali: con il suo vestito bianco, i capelli biondi, la carnagione chiara e gli occhi azzurri, Lawrence d’Arabia appare davvero come un messia, l’uomo capace di scrivere il proprio destino e quello dell’Arabia. Sebbene si potrebbe definire persino delirante, il film funziona in modo egregio proprio fino a questo punto; quando la purezza del messia britannico viene infangata dagli intrighi dell’esercito di sua Maestà e dalle violenze carnali e sessuali di un ufficiale turco, la bussola è ormai persa e il regista fatica a portare a termine la sua opera con la stessa coerenza mostrata in precedenza. Ci riesce comunque, grazie alla notevole competenza tecnica, ma il risultato finale è meno esaltante di quanto non fossero lo prime due ore di pellicola.






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