527_GLI AVVOLTOI (Return of the Bad men); Stati Uniti, 1948. Regia di Ray Enright.
Considerato spesso come una sorta di secondo capitolo della saga dei Badmen, il film Gli avvoltoi, o Return of the Bad Men in originale, è un testo che si discosta un poco dagli altri due episodi. La terra dei senza legge (regia di Tim Whelan) del 1946 aveva avuto un onorevole successo al botteghino e alla RKO Radio Pictures affidarono a Ray Enright la direzione di un film che ne sfruttasse la scia. Ad interpretare la parte del protagonista è ancora Randolph Scott, nel ruolo di Vance, classico personaggio eroico che, prima della fine, verrà chiamato a recitare il ruolo di sceriffo. Per far questo, deve posticipare la data delle nozze previste con la ancora avvenente vedova Madge (Jaqueline White) che, in un primo momento, la prende un po’ male. La traccia sentimentale, in questo western come in molti altri degli anni Quaranta, non è affatto secondaria: il buon Vance è infatti conteso dalla citata Madge, che ha già anche un vispo figlioletto, e Cheyenne (un’esuberante Anne Jeffreys), ex fuorilegge convertita sulla retta via dal nostro baldo eroe. Il rapporto tra Vance e Cheyenne è, in fin dei conti, l’unica sponda che Gli avvoltoi concede al fascino dei fuorilegge, i Bad men del titolo originale che, negli altri due film della trilogia, è invece assai più rimarcato. Nel film di Enright il protagonista è completamente positivo e non ha mai alcun tentennamento mentre nei confronti dei fuorilegge, per quanto vengano coinvolti i soliti altisonanti nomi tipici della trilogia, dai fratelli Dalton agli Younger, da Billy the Kid a Sundance Kid, non c’è alcuna benevolenza. Come detto Cheyenne è una fuorilegge (è addirittura la figlia del capobanda) e partecipa alla rapina banca, nella prima parte del film; ferita ad un braccio, è curata da Vance che la convince a costituirsi.
Visto che ha riconsegnato il denaro, le viene risparmiato il carcere ed è affidata proprio a Vance, nel frattempo reclamato a gran voce sceriffo. Forse un po’ incautamente, tra i due gli autori imbastiscono una storia sentimentale, almeno dal punto di vista di Cheyenne: una traccia che poi è abbandonata brutalmente e in modo troppo sbrigativo con l’assassinio della povera ragazza da parte del perfido Sundance Kid (Robert Ryan). Sembra probabile che la funzione narrativa di Cheyenne fosse più che altro dimostrare come un po’ di fiducia potesse redimere anche chi si incammina sulla strada sbagliata; da un punto di vista romantico invece la situazione è approfondita in un primo momento, con il serrato confronto tra le due aspiranti al ruolo di consorte di Vance, salvo poi troncarsi, come detto, in modo del tutto gratuito. Del resto, l’attenzione alle ragioni dei banditi, i Badmen, era l’elemento distintivo della trilogia, tuttavia, come spunto per mostrare un punto di vista che tenesse maggiormente conto della prospettiva dei criminali, il ravvedimento di Cheyenne è un elemento assai blando. Sia nel citato La terra dei senza legge che nel successivo e conclusivo capitolo della trilogia, Il magnifico fuorilegge (1951, regia di William D. Russell), gli autori si erano spinti a giustificare, seppur timidamente, alcune gesta della famigerata banda Quantrill, con un approccio certamente discutibile. In Gli avvoltoi la figura del fuorilegge è, al contrario, spogliata di ogni fascino, e Enright si affida al carisma inossidabile di Randolph Scott per sorreggere la sua storia. Una scelta conservatrice, visto che Scott nemmeno stavolta dà vita ad un eroe in qualche modo tridimensionale. Ma l’attore ha, come sempre, dalla sua una vena simpatica e, in ogni caso, meglio il classico cavaliere senza macchia e senza paura alla rivalutazione in chiave in qualche modo giustificativa dei peggiori criminali che abbiano mai infestato l’America, come erano i membri della banda Quantrill.
Jacqueline White
Anne Jeffreys
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