112_PIANO... PIANO, DOLCE CARLOTTA (Hush... hush, sweet Charlotte). Stati Uniti 1964; Regia di Robert Aldrich.
Robert Aldrich ha già dimostrato in passato di
essere un regista di sicuro affidamento. Per questo Piano piano dolce Carlotta è chiamato però ad una difficile prova: superare
le insidie del film che non solo è ovviamente su commissione, ma che si
preannunciava come una sostanziale ripetizione della fortunata formula del suo
precedente Che fine ha fatto Baby Jane?.
Il film del 1962 con Bette Davis e Joan
Crawford è stato un tale successo che Hollywood non poteva farsi certo sfuggire
l’occasione di sfruttarne il modello, ripresentando all’opera i medesimi
artefici. Per Aldrich il rischio di una pedestre ripetizione, o al massimo di
un semplice rimescolamento delle carte, era dietro l’angolo. Meno rischioso il
compito delle attrici, almeno sulla carta: in fondo recitare parti simili
capita spesso; i rischi potevano essere sulla nuova convivenza tra due star del
calibro della Davis e della Crawford e, in effetti, quest’ultima, ufficialmente
per motivi di salute, all’ultimo ha dato forfait. Tornando a Aldrich, la
bravura e l’onestà del regista può essere innanzitutto rilevata dal suo evitare
di nascondersi dietro un dito, anzi. Il regista americano anticipa le possibili
critiche di auto-plagio, perché non
cerca affatto di dissimulare le somiglianze tra Piano piano dolce Carlotta e Che
fine ha fatto Baby Jane?. Gli elementi di somiglianza sono tali che Aldrich
non cerca di nasconderli, ma si può dire che li enfatizzi, andando a
riproporre, in modo quasi gratuito, alcune caratteristiche del fortunato
precedente, come l’uso del bianco e nero o l’incipit prima dei titoli di testa.
Questi espliciti rimandi a Che fine ha
fatto Baby Jane? sono girati a proprio vantaggio da Aldrich, che
cambia le regole del tipico gioco intrinseco ai racconti gialli.
Non è più la sorpresa l’arma nelle mani del
narratore ma, anzi, è proprio il fatto che lo spettatore conosce già i
meccanismi della trama che permette al regista di dettare i tempi, giocando sull’attesa del colpo di scena. C’è una sequenza emblematica in questo senso:
Carlotta (Bette Davis) pensa di vedere qualcosa sotto il pianoforte e la
musica, il tempismo del regista, l’espressione dell’attrice, creano l’effetto
pelle d’oca prima che il regista ci sveli nell’inquadratura la macabra
illusione. Bette Davis è straordinaria in questo campo: recita costantemente
sopra le righe, pur mantenendo una credibilità difficilmente plausibile per
chiunque altro. Questa recita nella
recita è più evidente nella prova di Agnes Moorehead (che interpreta Velma, la
domestica) la quale sembra quasi un tramite per rendere credibili gli eventi
della storia agli spettatori.
Diverso il registro di Olivia de Havilland, che
rimane sempre sottotraccia: ma questo suo recitare è perfetto per l’ambiguo
ruolo che interpreta. L’opera quindi, nel suo complesso, appare meno omogenea,
meno riuscita dal punto di vista cinematografico rispetto a Che fine ha fatto Baby Jane?, ma i
presupposti erano diversi. Nel suo dover essere un film “replica”, o comunque ideato
sulla scia di un altro, Piano piano dolce
Carlotta dribbla in modo agile le insidie della spudorata copia, e gioca su
un altro piano, più consapevole, e, comunque, rimane un’opera decisamente
godibile e di piacevole visione.
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